23 Agosto 2017

Dal Jobs Act una spinta ai salari

Dal Jobs act una spinta ai salari

Articolo di mercoledì 23 agosto da Sole24

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10 Gennaio 2017

Parrini su Tirreno: “Toscana e gran parte paese hanno aziende servizi pubblici sane,efficienti.Qui abbiamo fatto gare,fusioni,investimenti”

10 gennaio 2016 – Questa mattina il Tirreno pubblica un intervento di Dario Parrini sulle cosiddette “municipalizzate”. Parrini ribatte a un editoriale di ieri di Luigi Tivelli che parlava di “aziende indebitate e con larghe sacche di inefficienza”.

In Toscana e in gran parte del paese, gli risponde Parrini, “abbiamo aziende ben funzionanti, cda snelli. Aziende che, in un periodo di crisi, sono state tra le poche a fare investimenti”.

 

Qui di seguito l’articolo di Luigi Tivelli, oggetto della risposta di Dario Parrini.

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12 Dicembre 2016

Parrini: “Subito il congresso del Pd, ma parliamo anche della Regione”. Intervista a Repubblica, 11/12/2016

11 dicembre 2016 – Intervista di Repubblica Firenze al segretario regionale del Partito Democratico della Toscana, Dario Parrini, dopo il referendum del 4 dicembre: “Subito il congresso del Pd, ma parliamo anche della Regione”.

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5 Dicembre 2016

Referendum costituzionale. Il Sì in Toscana al 52,5%. Il commento di Dario Parrini

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5 dicembre 2016 – In Toscana sono stati 1 milione e 105mila i voti per il Sì (pari al 52,5 percento) al referendum costituzionale di ieri. Del  risultato elettorale, che a livello nazionale ha visto la vittoria del no, ha parlato oggi il segretario regionale del Pd Dario Parrini con i vicesegretari Antonio Mazzeo e Donato Montibello, insieme al responsabile enti locali Stefano Bruzzesi.

Il video della conferenza stampa: https://www.youtube.com/watch?v=Hc5YwBVqwmk

 

I risultati:

REFERENDUM COSTITUZIONALE CONFERMATIVO 4 DICEMBRE 2016
Federazione No totale voti validi % Sì % No Totale %
Arezzo 105.361 89.482 194.843 54,1% 45,9% 100,0%
Firenze 275.175 202.531 477.706 57,6% 42,4% 100,0%
Empolese Valdelsa 57.978 41.602 99.580 58,2% 41,8% 100,0%
Grosseto 57.394 64.974 122.368 46,9% 53,1% 100,0%
Livorno 69.884 72.512 142.396 49,1% 50,9% 100,0%
Val di Cornia-Elba 24.709 24.846 49.555 49,9% 50,1% 100,0%
Lucca 60.129 64.547 124.676 48,2% 51,8% 100,0%
Versilia 40.790 51.344 92.134 44,3% 55,7% 100,0%
Massa-Carrara 44.890 63.195 108.085 41,5% 58,5% 100,0%
Pisa 121.609 121.490 243.099 50,0% 50,0% 100,0%
Pistoia 85.756 78.710 164.466 52,1% 47,9% 100,0%
Prato 73.926 58.753 132.679 55,7% 44,3% 100,0%
Siena 88.168 66.022 154.190 57,2% 42,8% 100,0%
 
TOSCANA 1.105.769 1.000.008 2.105.777 52,5% 47,5% 100,0%
 
ITALIA 12.708.905 19.023.638 31.732.543 40,1% 59,9% 100,0%
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2 Dicembre 2016

La riforma costituzionale merita di essere sostenuta, ecco perchè. Appello al voto del segretario PD Dario Parrini

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“Tra due giorni si vota per il referendum costituzionale.
Io voterò Sì.
Spero che lo farai anche tu.
Voterò Sì per far passare cambiamenti attesi da tanto tempo che renderanno l’Italia più forte, semplice, stabile e credibile.
Voterò Sì perché è assurdo non realizzare nemmeno le cose che per anni e anni tutti hanno definito indispensabili.
Abbiamo due camere doppioni che danno entrambe la fiducia al governo e si rimpallano le leggi ostacolandosi a vicenda.
Non è meglio cambiare? Sì.
Abbiamo un’enormità di conflitti tra Stato e Regioni perché non è chiaro chi deve fare che cosa.
Non è meglio cambiare? Sì.
Abbiamo l’occasione di abolire il Cnel  e i contributi pubblici ai gruppi politici regionali e di ridurre da 945 a 730 il numero dei parlamentari.
Non è meglio farlo? Sì.
Abbiamo l’occasione di far scegliere i senatori non più da 45 milioni ma da 50 milioni di italiani dando il diritto di votare per i senatori anche a 5 milioni di ragazzi tra 18 e 25 anni che oggi non hanno questo diritto.
Non è meglio farlo? Sì.
Abbiamo l’occasione di rendere di fatto obbligatorio il coinvolgimento delle minoranze nella scelta del Presidente della Repubblica e di potenziare gli istituti di garanzia democratica come i referendum, le proposte di legge di iniziativa popolare e i diritti delle opposizioni in Parlamento.
Non è meglio farlo? Sì.
La riforma costituzionale merita di essere sostenuta.
Non è perfetta, perché nessuna riforma lo è.
Ma non vi è alcun dubbio che fa compiere all’Italia un importante passo avanti”.
DARIO PARRINI, SEGRETARIO PD TOSCANA
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29 Novembre 2016

Referendum. Dato finale dei comitati per il Sì: 1000 in Toscana

 

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Rush finale per la campagna referendaria a favore del SÌ anche in Toscana, dove venerdì sera alle 21 si chiude la campagna nazionale con Matteo Renzi in Piazza Signoria a Firenze.

 

Oggi il comitato regionale del Sì al referendum costituzionale del 4 dicembre diffonde il dato finale dei comitati che si sono formati nella regione in questi mesi, che ha raggiunto quota mille: circa 300 a Firenze, 150 tra Prato e Pistoia, 250 nell’area di Lucca e Massa Carrara, 150 tra Pisa e Livorno, 150 nell’area della Toscana sud. I comitati, con almeno 5 componenti ciascuno, sono stati formati prevalentemente con una logica territoriale, in frazioni o quartieri, ma è consistente anche la diffusione di comitati tematici su sanità, o composti da giuristi o studenti, per fare alcuni esempi.

 

Sempre oggi anche in Toscana decine di sindaci sono scesi in piazze e strade dei loro comuni per la giornata di mobilitazione #bastaunsindaco.

 

“Devo ringraziare dirigenti, amministratori, militanti, che non si sono risparmiati. Hanno dato il massimo e continueranno a impegnarsi a fondo anche nei prossimi giorni, fino all’ultimo secondo della campagna elettorale. La riforma costituzionale semplifica il Paese e lo rende più efficace, stabile, governabile. Grazie alla riforma avremo una politica che potrà affrontare meglio i problemi economici e sociali e che costerà di meno. I senatori diminuiranno da 315 a 100, non avranno indennità e a sceglierli continueranno ad essere i cittadini, anche i cinque milioni di italiane e di italiani che hanno meno di 25 anni e che per questo oggi non possono votare per il Senato. Col Sì l’Italia diventerà più forte in Europa, dove potrà far valere più incisivamente le proprie ragioni. La vittoria del No va evitata perché la bocciatura di riforme indispensabili e di assoluto buonsenso come quelle che noi proponiamo aprirebbe nel Paese una fase di incertezza dannosa e di instabilità, col rischio di un salto nel buio che avrebbe ricadute negative su famiglie e imprese” spiega il segretario PD Dario Parrini. “È inoltre evidente che l’alternativa è tra questa riforma o nessuna riforma per chissà quanti anni. O Sì o mai più. O si sblocca il Paese o si torna nella palude dei veti incrociati, alla stagione dell’immobilismo e dell’impotenza riformatrice. Questa è la scelta che dovremo fare il 4 dicembre. L’Italia non può lasciarsi sfuggire questa occasione perché non può permettersi governicchi o governi tecnici che, come l’ultimo che abbiamo avuto, approvano stangate in nome del “ce lo chiede l’Europa”. Da questo punto di vista abbiamo già dato con le tasse di Monti e la riforma Fornero. Il bis di una cosa del genere è da scongiurare a ogni costo.”

 

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Di seguito alcuni degli eventi dell’agenda di domani, 30 novembre, in Toscana: alle 21 alla Stazione Leopolda di Pisa iniziativa con Valeria Fedeli vicepresidente del Senato, Marco Filippeschi sindaco di Pisa e Oreste Sabatino segretario provinciale dei Giovani Democratici.
A Pisa appuntamento organizzato dai comitati “Si per un’Italia in salute” alle 21 presso la Sala Concorde dell’Hotel Galilei. Intervengono l’onorevole Federico Gelli responsabile sanità del Pd, Walter Ricciardi, Presidente Istituto Superiore Sanità  e Antonio Alberto Azzena già ordinario di Diritto Amministrativo nelle Università di Sassari e Pisa. Al salone delle terme di Casciana alle 21.30 interviene la deputata Pd Maria Chiara Carrozza.

 

A Cortona (AR) alla sala civica Fratta, alle 20.45, ci saranno l’assessore regionale Stefano Ciuoffo, il vicesindaco Tania Salvi e Alessia Gualdani del comitato “Basta un sì Arezzo Imprese”.

Alle 18 al Circolo Arci San Pietro in Palazzi a Cecina (LI) ci sarà il sottosegretario Silvia Velo con il segretario Pd di federazione Lorenzo Bacci e quello comunale Giuseppe Costantino.

Alle 18.30, in via Forlanini 162, nella sede Pd di Firenze, Vannino Chiti discuterà del nuovo Senato.

In provincia di Grosseto incontro dal titolo “In odore di riforma” all’agriturismo “Giuncola & Granaiolo” di Alberese con Valentina Culicchi (responsabile agricoltura PD Toscana), Francesco Gazzetti (consigliere regionale) e Marco Simiani (segretario provinciale Pd Grosseto) e il senatore PD Vannino Chiti. Sempre alle 21 al centro civico di Sticciano, il capogruppo in Regione Leonardo Marras incontra i cittadini. Alle 21 incontro anche nella sala consiliare del comune di Castel del Piano.

A Prato cena del Comitato Sportivi per il Sì alla pizzeria L’Etrusco.

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31 Ottobre 2016

Manifestazione Pd. 4mila toscani in piazza a Roma

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29 ottobre 2016 – Sono oltre 4000 i toscani in Piazza del Popolo a Roma per la manifestazione nazionale del Pd “La piazza è del popolo. Sì a un’Italia più forte, sì a un’Europa più giusta”. Dalla regione partiti questa mattina 60 bus e un treno speciale con a bordo, insieme a 500 militanti, il ministro Maria Elena Boschi.
“Il Pd della Toscana anche questa volta ha dimostrato di essere una grande comunita’ di persone che dedicano il loro tempo a una causa comune in cui crediamo, quella per un partito riformista che ha iniziato a cambiare davvero le cose. E la riforma costituzionale che a dicembre passera’al vaglio dei cittadini ne e’l’esempio principale. Istituzioni al passo con i tempi e stabilita’ sono gli ingredienti della credibilita’ dell’Italia in Europa, che gia’ha visto una svolta grazie al nuovo corso politico iniziato con il governo Renzi. Quella che vogliamo e’un’Europa che non sia solo monetaria, ma politica, solidale e non chiusa negli interessi nazionali. Solo cosi’ potremo combattere quell’onda di demogagia che investe il nostro continente e che si alimenta di paura e diffidenza” dice il segretario del Pd toscano Dario Parrini da Roma, dove e’arrivato con uno dei bus dei militanti dell’empolese.
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1 Agosto 2016

Nuovo assetto organizzativo Pd toscano. Esecutivo ristretto per questioni politiche generali e coordinamento responsabili tematici

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1 agosto 2016 – Un esecutivo regionale ristretto per affrontare le questioni politiche generali e un coordinamento politico di responsabili tematici che si occuperanno dei rispettivi settori di lavoro, affiancando nelle scelte il segretario regionale e quelli territoriali.

È questa la nuova organizzazione del Pd regionale presentata oggi dal segretario Dario Parrini davanti all’assemblea del partito riunita a Pistoia.

Gli attuali componenti della segreteria che hanno una delega tematica restano tutti in carica e andranno a formare il coordinamento politico. Gli altri entreranno a far parte del nuovo esecutivo che vedrà come invitati permanenti figure istituzionali come il presidente della Regione Enrico Rossi e il presidente dell’Anci Toscana Matteo Biffoni.

“Gli organismi di vertice del Pd regionale, come è sempre stato dall’inizio del mio mandato, restano unitari e rappresentativi delle diverse aree interne al partito. Le modifiche odierne sul piano organizzativo permettono di dar seguito alla volontà di maggiore inclusività nella gestione delle singole vicende territoriali che avevo espresso in occasione dell’ultima direzione regionale” ha detto Parrini.

A Pistoia si è parlato anche del tema del referendum costituzionale dell’autunno prossimo. “Serve l’impegno di tutti – ha detto Parrini – e dobbiamo promuovere il protagonismo di associazioni e singoli esponenti della società civile che hanno capito l’importanza della riforma e che sono la dimostrazione di come essa serva, non al PD in sè, ma a far avanzare l’Italia nel suo complesso. Da questo punto di vista il Pd regionale opererà direttamente per rafforzare le capacità di lavoro delle singole federazioni”.

Il responsabile operativo della campagna regionale per il SI’ sarà Corrado Besozzi. Un gruppo di giovani volontari sarà a disposizione per potenziare l’attività organizzativa delle federazioni locali.

Su uno dei temi più attuali del momento, le infrastrutture, a partire da tav e termovalorizzatore, ha annunciato Parrini, “il 29 agosto, come annunciato nell’ultima direzione regionale, organizzeremo una giornata di approfondimento con gli eletti locali e nazionali, coordinata da Carmine Zappacosta, per fare il punto sullo stato di avanzamento delle singole opere. Il successivo approfondimento tematico, che sarà coordinato da Massimiliano Sonetti, sarà dedicato all’economia e al piano regionale di sviluppo”.

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ECCO I NOMI DEI COMPONENTI DEI DUE ORGANISMI PRESENTATI OGGI:

ESECUTIVO REGIONALE PD TOSCANA-

Dario Parrini, Antonio Mazzeo, Donato Montibello, Antonio Napolitano, Stefano Bruzzesi, Nicola Danti, Enrico Casini, Gianni Anselmi, Monia Monni, Filippo Fossati, Alessandro Giovannelli. Invitati permanenti: Enrico Rossi, Matteo Biffoni.

COORDINAMENTO POLITICO REGIONALE PD TOSCANA-

Corrado Besozzi, responsabile cultura e turismo

Patrizia Conti, responsabile commercio

Valentina Culicchi, responsabile agricoltura, caccia e pesca, sviluppo rurale

Raffaele Marras, segretario regionale Giovani Democratici

Maria Federica Giuliani, responsabile riforme istituzionali

Monica Giuntini, responsabile innovazione tecnologica

Bruna Dini, responsabile politiche di genere e ambientali

Stefania Magi, responsabile sanità, welfare e immigrazione

Simone Naldoni, responsabile finanza locale e semplificazione amministrativa

Riccardo Nocentini, responsabile politiche del lavoro, formazione, scuola e attuazione del programma

Rosanna Pugnalini, responsabile ricerca, università

Alessio Quintavalle, responsabile comunicazione

Massimiliano Sonetti, responsabile industria, artigianato, credito e cooperazione

Cristina Volpi, responsabile servizi pubblici locali

Carmine Zappacosta, responsabile infrastrutture, trasporti, urbanistica e energia

Serena Spinelli, responsabile legalità e integrazione

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27 Luglio 2016

Festa dell’Unità di Limite sull’Arno con Dario Parrini

 

Germogli Ph 03 novembre 2014 Empoli Incontro sul Jobs Act Dario Parrini
Foto Germogli Ph

 

Inizia la Festa de L’Unità di Limite sull’Arno che si svolge da stasera, mercoledì 27 luglio, a mercoledì 10 agosto presso la zona sportiva del paese.

Nel programma spiccano gli ospiti politici: domani alle 21.30 l’onorevole Dario Parrini, sarà protagonista del dibattito “Proposte dalla Toscana per una nuova democrazia”, mentre venerdì 29 luglio alle 21.00 l’onorevole Enrico Rosato, capogruppo Pd alla Camera dei deputati, parlerà di “Costituzione e riforme: una nuova liberazione!”.

Allo stand della Pubblica Assistenza Croce d’Oro di Limite sull’Arno tutte le sere sarà possibile effettuare la misurazione della pressione arteriosa, udito, saturazione ossigeno.

Oltre ai dibattiti ci saranno anche occasioni di intrattenimento, ballo, gioco e soprattutto la buona gastronomia offerta dal ristorante della festa.

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25 Giugno 2016

All’Universita’ Luiss, Dario Parrini interviene al seminario sui populismi europei. Il testo della relazione

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23 giugno 2016 – Seminario “The Rise of Populist Parties in Italy and Germany”,

Roma giovedì 23 giugno 2016.

Organizzato dalla School of Government dell’Università Luiss Guido Carli e dalla Friedrich Ebert Stiftung.

 

RELAZIONE DELL’ON. DARIO PARRINI

 

Il mio scopo qui oggi è delineare i tratti tipici del populismo italiano.

L’analisi del populismo italiano permette di mettere in evidenza sia le sue specificità sia i punti in comune che esso ha con il populismo presente nel sistema partitico di altre grandi democrazie occidentali.

Cominciamo con le analogie. Ne elencherò quattro.

1. Il fatto che la crescita del populismo ha la sua radice più profonda nell’aumento delle disuguaglianze sociali e nell’allargamento dell’area dell’insicurezza economica e identitaria.
Questi fenomeni – che si sono verificati anche in Paesi come gli Usa, il Regno Unito e la Germania che negli ultimi anni hanno conosciuto un tasso di disoccupazione relativamente basso e un tasso di crescita del Pil relativamente robusto – risultano accentuati dall’eccezionale rapidità e pervasività del mutamento tecnologico e sono conseguenza dello sconvolgimento dei rapporti di forza economici a livello internazionale legato alla globalizzazione da un lato e dall’altro lato agli effetti che la Grande Recessione cominciata nel 2007-08 ha prodotto in tutte le principali economie del mondo occidentale.

Si tratta di problemi che sono stati aggravati dall’impennata dei flussi migratori, causata anch’essa dalla globalizzazione, e più recentemente dall’esplodere di conflitti militari in Africa e in Medio Oriente e dall’ingigantirsi delle minacce terroristiche connesse al fondamentalismo islamico.

I suddetti problemi sono stati affrontati con strumenti diversi, e con differente efficacia, negli Stati Uniti, nel Regno Unito e nell’Europa continentale.

In ogni caso non stati contrastati in maniera del tutto adeguata né negli Stati Uniti, né nel Regno Unito, né nell’Europa continentale.

A livello di Unione Europea (Ue), in particolare, non sono state messe in campo sufficienti azioni sovranazionali e federali di politica economica e sociale. In questo senso, l’Ue è andata incontro a un fallimento, non ha matenuto le promesse delle origini.

Il risultato di tutto ciò è stato il diffondersi a macchia d’olio, in larghi strati della popolazione, di sentimenti di rabbia sociale, di acuto risentimento, di dirompente rancore.

I sentimenti di rancore sociale appaiono particolarmente intensi in due settori della popolazione: l’insieme di coloro che vedono il proprio tenore di vita in netta riduzione, o a forte rischio di netta riduzione; l’insieme di coloro che, per lo più residenti nei grandi e medi centri urbani, vedono ridotte al lumicino le possibilità di inserirsi stabilmente nel mondo del lavoro e di salire nella scala sociale e dei redditi.

Per costoro, l’ascensore sociale non funziona più.
E se si muove, si muove in un’unica direzione: verso il basso.

Tra le principali vittime di questa crisi di lunga durata vi è il ceto medio, definito, solitamente, come il complesso di tutti coloro che possono dirsi ragionevolmente certi di riuscire a garantire a se stessi un presente sereno e una vecchiaia economicamente non preoccupante, e ai propri figli un avvenire decente.

Non vi è dubbio che il ceto medio, così definito, si è ovunque contratto, frammentato e impoverito.

2. Il fatto che i suddetti problemi sono in misura crescente attribuiti, da una parte estesa della cittadinanza, al cosiddetto «establishment», ovvero la ristretta minoranza composta da tutti coloro che nel campo della politica, della società e dell’economia vengono genericamente e semplicisticamente descritti come detentori di un potere eccessivo e di ingiustificati privilegi.

Ai portatori di rancore sociale i populisti offrono un capro espiatorio, un bersaglio facilmente focalizzabile contro il quale sfogare ire e risentimenti di ogni sorta.

L’establishment viene presentato dai populisti come una realtà nella quale imperversano organizzazioni pubbliche e private irrimidiabilmente putride.
Una realtà in cui dominano, a danno del popolo, trame oscure, scandali, abusi di potere.

3. La tendenza a proporre, come soluzione ai problemi economico-sociali, una politica di chiusura: così si spiega il fatto che i movimenti populistici sono tutti contrari a una politica di apertura delle frontiere, alla partecipazione ad organismi internazionali come l’Ue o la NATO, a realtà sovranazionali come l’euro, alla sottoscrizione di accordi internazionali come il Ttip ecc.

4. Il fatto che la palese demagogicità e inattuabilità delle proposte dei populisti non ostacola, al momento, la loro corsa elettorale. I populisti non sono interessati a proporre scelte di governo realizzabili. Non hanno interesse a proporre una politica positiva. A loro basta indicare ogni giorno un nuovo bersaglio contro cui indirizzare la rabbia sociale. I populisti credono nel potere catartico della distruzione. Il loro motto è: “l’importante è distruggere, perché un cumulo di macerie è comunque più sano delle schifezze che ci circondano”.

Si potrebbe osservare, un po’ fatalisticamente, che col tempo la forza di attrazione di questi programmi inattendibili si esaurirà da sola. In tal caso la più efficace strategia antipopulistica consisterebbe nel saper pazientemente attendere che il tempo faccia il suo corso.

I fautori della tesi dell’autoesaurimento del populismo credono che le ricette illusorie appariranno rapidamente per quel che sono se i partiti populisti saranno chiamati a metterle concretamente alla prova.
Nemmeno il M5S, secondo questi studiosi, riuscirebbe a sfuggire alla «regola della delusione» enunciata di recente dal politologo francese Yves Mény: una regola in base alla quale, in tempi turbolenti e di trasformazione come i nostri, chi governa viene quasi sempre punito nelle elezioni successive, o perché ha promesso troppo, o perché l’elettorato si attende troppo, cioè assai di più di ciò che è effettivamente possibile realizzare.

Questa tesi ha un suo fascino. Ma si porta dietro un rischio: secondo la maggior parte degli osservatori e dei protagonisti delle vicende politiche, il tempo per fare esperimenti del genere non c’è.

Inoltre gli esperimenti stessi potrebbero creare guasti irrimediabili. Le possibilità di rivalsa potrebbero arrivare troppo tardi.

Il populismo italiano ha, oltre a questi quattro ingredienti comuni ai populismi di ogni Paese, ingredienti del tutto suoi propri, specifici.

Primo ingrediente specifico del populismo italiano è la sua duplicità, o dualità: infatti in Italia il populismo si manifesta sia sotto forma di partiti, come la Lega Nord (Ln) o Fratelli d’Italia (Fdi), facilmente collocabili nell’estremo di destra o di sinistra dello spettro politico, sia sotto le bandiere di un movimento che appare del tutto trasversale agli orientamenti ideologici classici.

Questo è il caso del M5S.

Il M5S – caratterizzato da uno spiccato spirito anti-élites, anti-sistema, anti-establishment, anti-casta – mescola nella propria narrazione, che è allo stesso tempo qualcosa di più e di meno di un programma, elementi eterogenei: a) elementi di sinistra radicale (ambientalismo spinto, pacifismo indiscriminato, avversione alle grandi opere); b) elementi di destra (xenofobia, violenza verbale, mancanza di democrazia interna, intolleranza);
c) elementi propri tanto della destra radicale quanto della sinistra radicale, come il protezionismo in politica economica, l’isolazionismo in politica estera, l’antieuropeismo nella politica internazionale, uno story-telling manettaro e strumentale contro scandali, corruzione e privilegi veri o presunti.

La trasversalità del M5S, che è a tutti gli effetti un partito-arcobaleno, emerge anche dall’analisi del background dei suoi dirigenti principali: nel suo gruppo di vertice prevalgono i leaders provenienti dalla destra o dall’estrema destra; ma non sono pochi i parlamentari provenienti da mondi dell’estrema sinistra come quello dei centri sociali o quello dell’antagonismo vagamente terzomondista e antiglobalista.

In ragione di queste peculiarità, il M5S è, al momento, un catch-all party, capace – finché lo zapping elettorale non gli giocherà contro, e finché i suoi bluff non saranno pienamente smascherati su vasta scala – di mietere seconde preferenze più di ogni altro partito.

Diversamente dagli altri partiti populisti italiani, come la Lega Nord e Fdi, il M5S è integralista sul terreno coalizionale: in ossequio alla propria narrazione, secondo la quale tutti gli altri partiti sono inguaribilmente infetti, il M5S rifiuta infatti categoricamente ogni alleanza, tanto in sede parlamentare quanto negli enti locali.

Il M5S può muoversi con grande disinvoltura perché non è riducibile alle etichettature ideologiche classiche.
Dispone, perciò, di margini di manovra molto ampi: a livello nazionale può fare intese – si badi bene, intese effimere e occasionali, non alleanze stabili – con la sinistra radicale contro la costruzione di un termovalorizzatore o di una galleria, o contro l’euro, o contro le missioni militari all’estero; e con la destra per sconfiggere un candidato sindaco del Pd.
A livello europeo può strizzare l’occhio a Viktor Orbán e a Nigel Farage e contemporaneamente simpatizzare per Podemos.

Può fare tutto questo senza dover temere accuse di incoerenza. In fondo, almeno in un primo momento, chi vota per un movimento populista pretende, da colui al quale conferisce il suo voto, tutto fuorché la coerenza, tutto fuorché la mancanza di contraddizioni.

Chi vota i partiti populisti è mosso dalla rabbia e/o da un’indistinta e prepotente voglia di cambiamento.

Il M5S cavalca alla perfezione le correnti iconoclastiche che attraversano la società italiana.

La maggior parte di chi vota i pentastellati non dà un voto costruttivo.
Dà un voto distruttivo, negativo.
Va da sé che, di questi tempi, attrarre un voto «contro» qualcosa o qualcuno è assai più facile che mobilitare un voto «per» qualcosa o qualcuno.

Per tali motivi il M5S appare dotato di un potenziale di espansione elettorale che sembra fuori dalla portata sia dell’altra faccia del populismo italiano (quello lepenista di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni), sia di tutti i populismi affermatisi nelle altre grandi democrazie occidentali: Podemos probabilmente sorpasserà il Psoe e uscirà dalle elezioni di domenica prossima in Spagna con lo status di secondo partito.

Ma Podemos rappresenta chiaramente un populismo di sinistra, non un populismo indifferenziato.
E quindi il suo potenziale elettorale non sarà mai tanto ampio quanto quello del M5S.

L’Ukip nel Regno Unito, e Alternativa per la Germania (Apg) in Germania, sembrano poter contare su di un potenziale di espansione oggettivamente più limitato, perché presentano una forte e netta connotazione di destra, improntata al nazionalismo e alla xenofobia.

Lo stesso si può dire del Fronte Nazionale (Fn) francese. Secondo tutti i sondaggi disponibili, il Fn ha grandi probabilità di arrivare al secondo turno delle prossime presidenziali ma non ha nessuna probabilità di vincerle, proprio perché la sua capacità di raccogliere seconde preferenze nel ballottaggio è assai inferiore a quella che attualmente pare avere il M5S.

Anche Trump, che ha conquistato la nomination presidenziale dei repubblicani dichiarando guerra all’l’establishment del GOP, appare privo di una capacità di attrazione estesamente trasversale: in più di un’occasione ha ribadito di considerarsi un conservatore puro. Nella sua proposta politica la fanno da padrone parole d’ordine tipiche della destra: il nazionalismo, l’isolazionismo, il protezionismo, una violenta retorica anti-immigrati.

Io sono convinto che la crescente forza dei populismi sia il sintomo di una grave malattia sociale.
Per questo penso che i populismi siano, per le democrazie occidentali, un serio pericolo.

Penso anche che non siano un pericolo facilmente battibile.

Possono essere permanentemente ridimensionati solo se i partiti tradizionali, e principalmente quelli progressisti, riusciranno da una parte a condurre un’efficace opera di smascheramento dei bluff programmatici su cui tutti i populismi si reggono, e dall’altro a mettere in campo, in primo luogo a livello sovranazionale, nuovi strumenti politici e istituzionali in grado di combattere, assai più efficacemente di quanto non sia avvenuto fino ad oggi, le disuguaglianze, la disoccupazione, la sottoccupazione, l’ingiustizia economica e sociale.

La speranza di prosciugare i populismi passa certamente da una radicale moralizzazione della vita pubblica e da una lotta senza quartiere alla corruzione e agli abusi di potere.
Ma più di ogni altra cosa conterà la capacità di ridurre l’area del disagio sociale e dell’insicurezza economica e identitaria.
Questa seconda impresa può avere successo solo se i partiti tradizionali, e in particolare quelli di centrosinistra, faranno un salto di qualità, dimostrandosi modernamente capaci, senza nostalgie fuori luogo, e con mezzi adeguati ai tempi in cui viviamo, di occuparsi con pari forza sia dei meriti che dei bisogni; di rappresentare contemporaneamente chi ce la fa e investe e rischia, e chi non invece non ce la fa; le parti più dinamiche e intraprendenti della società e gli strati di popolazione che maggiormente soffrono le conseguenze della crisi economica.

Specialmente in Italia, si può battere un catch-all party anti-sistema come il M5S solo costruendo nel centrosinistra un catch-all party che sia più forte del M5S non solo nel primo turno ma anche in un eventuale ballottaggio. Un partito in grado di conquistare consensi in pari misura a sinistra e presso l’elettorato moderato, mediano, fluttuante.
Non riuscirebbe a conseguire questo risultato un partito che pensasse a coprirsi e a rafforzarsi solo a sinistra o solo al centro. Servono la doppia copertura e il doppio rafforzamento.

Debbo infine segnalare che non condivido affatto l’idea, sostenuta più o meno esplicitamente anche da alcuni politici del centrosinistra italiano, che per sconfiggere i populismi si debba ricorrere a un sistema elettorale sostanzialmente proporzionale che impedisca loro di arrivare al governo.

Questa sarebbe una scorciatoia politicista, che avrebbe più svantaggi che vantaggi.

Un metodo proporzionale di conversione dei voti in seggi minimizza certamente le possibilità del più grande partito populista italiano di andare al governo a seguito di una vittoria elettorale.
La minimizza perché, con un sistema di voto proporzionale, un partito come il M5S, non essendo disposto a fare alcuna alleanza, potrebbe insediarsi al governo solo nella irrealistica eventualità che riuscisse a raccogliere il 50% più uno dei voti validi nel primo e unico turno elettorale.

Ma è del pari vero che un sistema proporzionale minimizza anche la possibilità di avere governi stabili e omogenei, perché espropria i cittadini del diritto di scegliere, votando, non solo chi dovrà rappresentarli, ma anche chi dovrà governarli.

Come insegna il caso spagnolo, in presenza di un sistema partitico tripolare o quadripolare, un regime elettorale proporzionale produce o equilibri di paralisi e immobilismo, conditi da un susseguirsi di elezioni non decidenti, o grandi coalizioni disomogenee e incoerenti, incapaci di progettare e realizzare politiche e riforme di lungo periodo e di largo respiro.

Le grandi coalizioni, che in Italia chiamiamo anche «governi di larghe intese», possono a prima vista sembrare un antidoto contro il populismo, al quale sbarrano le porte del governo.
Ma lo sarebbero solo nel breve periodo. Nel lungo periodo non farebbero che rafforzarlo.

DARIO PARRINI

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