“Aeroporti, basta con le dispute di campanile” – Intervista a Dario Parrini su Repubblica Firenze del 9 maggio 2014


Cari pisani, basta con la difesa del proprio orto: «Non è un derby Firenze-Pisa», quella sullo sviluppo aeroportuale. E’ piuttosto una partita fondamentale per la nostra regione: «E la Toscana non può essere teatro di una anacronistica disputa di campanile ». Battaglia degli scali, ultimo atto. Il Pd toscano richiama ufficialmente il sindaco di Pisa Marco Filippeschi. E lo fa con un affondo firmato dal segretario Dario Parrini, deputato e renziano
della prima ora.
Appena lunedì scorso aveva promosso un «vertice di partito » con il governatore toscano Enrico Rossi e lo stesso Filippeschi nel tentativo di trovare un’intesa. Poi però il sindaco della torre pendente si è messo di traverso alla stessa Opa lanciata da Corporation America attaccando anche la Regione: «L’integrazione si fa rispettando con coerenza i contenuti, che prevedono una nuova pista di 2.000 metri e non di 2.400», sono state le parole di Filippeschi. Della serie, il governatore non mantiene i patti. E Parrini parte in quarta: «A tutti i dirigenti del Pd impegnati in questa discussione mi sento di chiedere senso di responsabilità e pensiero lungo». Una ‘lezione’ che la dice lunga sullo stato dei rapporti e sull’esiguità degli spazi di mediazione: da asse portante del potere interno, Pisa la dalemiana è oggi costretta all’angolo.
Segretario Parrini, il Pd toscano si schiera contro Pisa?
«Ci schieriamo con l’interesse della Toscana e quindi con il presidente Enrico Rossi. Sugli aeroporti non si gioca un derby Firenze-Pisa. Si gioca una partita fondamentale per lo sviluppo economico della nostra regione. Il problema non è se vince Pisa o Firenze. Ma se vince la Toscana. E la Toscana vince se nasce un sistema aeroportuale solido, con due scali non in competizione e capaci di operare uniti sulla scena nazionale».
Diversamente da Firenze, a Pisa lo scalo è governato da una maggioranza pubblica. Riconoscerà che è più difficile ribaltare la governance.
«La serietà e la validità del progetto contano più degli assetti proprietari delle società. L’interesse della Toscana è soddisfatto se la mèta verso la quale tendiamo è avere due scali attivi in settori di mercato diversi e complementari, entrambi in grado di generare nei prossimi anni un sensibile aumento dei posti dei lavoro e del numero di passeggeri trasportati. Inoltre è apprezzabile che la Regione intenda collegare la cessione delle quote all’ottenimento di garanzie, occupazionali e non solo, sulle modalità del percorso d’integrazione».
Il sindaco di Pisa e il capo della commissione infrastrutture in Regione Mattei, pratese e anche lui Pd, dicono che così a Firenze si farebbe un doppione.
«Nessuno vuole doppioni: i due aeroporti debbono svolgere funzioni diverse e crescere entrambi»
Quali garanzie offrite a Pisa?
«Né la Regione né il Pd che è forza maggioritaria in Consiglio regionale vogliono un sistema aeroportuale toscano che danneggi il Galilei, che anzi va valorizzato».
Pisa teme però che con una pista da 2.400 metri Firenze finisca per dominare. In fondo, più che i piani industriali è il mercato a decidere.
«Questo rischio non esiste se i due scali fanno parte di un’unica società e si rafforzano secondo un piano di sviluppo unitario. La delibera della Regione è di grande buonsenso perché guarda avanti e sta ai fatti. Invece in giro vedo troppe reazioni pregiudiziali. I processi alle intenzioni non ci portano da nessuna parte. In un mondo che corre e cambia sempre più velocemente, la Toscana non può essere teatro di un’anacronistica disputa di campanile. A tutti i dirigenti del Pd impegnati in questa discussione mi sento di chiedere in primo luogo senso di responsabilità e pensiero lungo. Bisogna allargare lo sguardo ed evitare di appiattirsi sui localismi. È realmente a portata di mano la possibilità di compiere tutti insieme un passo avanti: non farlo sarebbe imperdonabile».
Ma il Pd dov’è stato fino ad oggi?
«L’importante è dove il Pd starà da oggi in poi ed è chiaro che siamo in favore di tutto ciò che fa progredire la Toscana. Nella consapevolezza che non si parte da zero bensì da un atto importante come la variante al Pit adottata nel luglio scorso».
E come pensa di convincere Filippeschi?
«Marco è una persona che stimo molto, sono convinto che comprenderà le buone ragioni della posizione della giunta regionale»
“Empoli nuova generazione. Per l’EUROPA Per EMPOLI”, Dario Parrini a Empoli per Brenda Barnini sindaco
Per l’EUROPA Per EMPOLI
Iniziativa lunedi 5 maggio ore 21.30 al Cenacolo degli Agostiniani con
DARIO PARRINI segretario PD Toscana
BRENDA BARNINI candidata Sindaco per Empoli
“L’Italicum non sarà un sistema ipermaggioritario”. Intervento di Dario Parrini, Repubblica Firenze



Florida reputa incontrovertibile il carattere ipermaggioritario e ipermanipolativo dell’Italicum. Ma la realtà non è questa.
L’Italicum è ipermaggioritario? Tutt’altro: è una legge maggioritaria tanto quanto altre leggi maggioritarie europee. La revisione del titolo V sacrifica le autonomie locali e regionali? Tutt’altro: si limita a correggere, senza stravolgimenti, le disfunzioni emerse dopo la riforma del 2001 nel rapporto tra Stato e enti territoriali. Le riforme nate dall’accordo tra Pd, Forza Italia e le altre forze della maggioranza certo non creano un assetto perfetto. Conducono tuttavia ad una situazione notevolmente migliore di quella attuale. Non essendo un allarmista, non dico più o meno democratica. Dico migliore: cioè complessivamente più efficiente.
Una legge elettorale è ipermaggioritaria se produce una sovrappresentanza inusitata e eccessiva del partito o della coalizione di maggioranza relativa.
Ebbene: la disproporzionalità massima possibile nell’Italicum (15 punti %, dal 37% dei voti al 52% dei seggi) non è per niente inusitata. È analoga a quella prodotta in Italia dal Mattarellum nel 1994 e nel 2001 (14 e 13 punti %) e persino inferiore a quella generata in tre delle ultime quattro elezioni dal sistema elettorale del Regno Unito (20 punti % nel 1997; 22 punti % nel 2001; 20 punti % nel 2005) e nelle tre ultime elezioni dal sistema elettorale francese (19 punti % nel 2012; 15 punti % nel 2007; 28 punti % nel 2002).
Degno di nota è infine il fatto che questi risultati si sono verificati, senza che nessuno denunciasse pericoli per la democrazia, in Stati che, come la Francia e il Regno Unito, hanno un Senato a elezione indiretta e un ordinamento di tipo non federale. Per queste ragioni sento di poter asserire con forza che in Italia non si sta impostando una riforma pericolosa. Stiamo impostando una riforma sensata ed europea”.
Dario Parrini
deputato e segretario del Pd della Toscana
“L’Italicum non sarà un sistema ipermaggioritario”. Intervento di Dario Parrini, Repubblica Firenze



Florida reputa incontrovertibile il carattere ipermaggioritario e ipermanipolativo dell’Italicum. Ma la realtà non è questa.
L’Italicum è ipermaggioritario? Tutt’altro: è una legge maggioritaria tanto quanto altre leggi maggioritarie europee. La revisione del titolo V sacrifica le autonomie locali e regionali? Tutt’altro: si limita a correggere, senza stravolgimenti, le disfunzioni emerse dopo la riforma del 2001 nel rapporto tra Stato e enti territoriali. Le riforme nate dall’accordo tra Pd, Forza Italia e le altre forze della maggioranza certo non creano un assetto perfetto. Conducono tuttavia ad una situazione notevolmente migliore di quella attuale. Non essendo un allarmista, non dico più o meno democratica. Dico migliore: cioè complessivamente più efficiente.
Una legge elettorale è ipermaggioritaria se produce una sovrappresentanza inusitata e eccessiva del partito o della coalizione di maggioranza relativa.
Ebbene: la disproporzionalità massima possibile nell’Italicum (15 punti %, dal 37% dei voti al 52% dei seggi) non è per niente inusitata. È analoga a quella prodotta in Italia dal Mattarellum nel 1994 e nel 2001 (14 e 13 punti %) e persino inferiore a quella generata in tre delle ultime quattro elezioni dal sistema elettorale del Regno Unito (20 punti % nel 1997; 22 punti % nel 2001; 20 punti % nel 2005) e nelle tre ultime elezioni dal sistema elettorale francese (19 punti % nel 2012; 15 punti % nel 2007; 28 punti % nel 2002).
Degno di nota è infine il fatto che questi risultati si sono verificati, senza che nessuno denunciasse pericoli per la democrazia, in Stati che, come la Francia e il Regno Unito, hanno un Senato a elezione indiretta e un ordinamento di tipo non federale. Per queste ragioni sento di poter asserire con forza che in Italia non si sta impostando una riforma pericolosa. Stiamo impostando una riforma sensata ed europea”.
Dario Parrini
deputato e segretario del Pd della Toscana
“Caro Chiti, meriti quattro in pagella” – Intervento di Dario Parrini su Il Tirreno del 27 aprile 2014



Può pensarlo un giovanotto alle prime armi, non uno che già trent’anni fa faceva il segretario regionale del Pci. Se questioni come la forma di Stato e di governo e la legge elettorale fossero una materia su cui ciascuno può fare come gli pare, andando contro le decisioni prese a larga maggioranza dal suo gruppo parlamentare e dal suo partito, non avrebbe senso l’esistenza di un ministero dedicato alle riforme, uno dei più politici che ci siano. A saperlo meglio di tutti dovrebbe essere proprio Chiti, che nel 2006-08 è stato l’ultimo ministro per le Riforme del centrosinistra prima di Maria Elena Boschi. Non mi pare quindi che Vannino possa fare la vittima, o l’incompreso. Anzi mi meraviglia che non comprenda, per la storia che ha, che su questo versante il Pd deve rimanere unito. Non possiamo permetterci di procedere in ordine sparso in questo momento delicato. Io non scomunico nessuno. Ma come segretario regionale democratico mi sento in dovere di esortare Chiti a ritirare il suo disegno di legge, con un atto di responsabilità e di buonsenso. Anche perché la sua analisi è in termini di merito straordinariamente debole. Lo è così tanto che più che un impoverimento della democrazia rischiamo un impoverimento dello spessore del dibattito costituzionale. Dove sta scritto che una Camera eletta con metodo maggioritario debba convivere con un Senato eletto direttamente? Regno Unito e Francia hanno leggi elettorali fortemente maggioritarie e senatori non eletti dai cittadini. L’Ulivo di Prodi nel 1996 propose un Senato alla tedesca, completamente non elettivo, mentre in Italia vigeva un sistema elettorale decisamente maggioritario come il Mattarellum, introdotto tre anni prima. Chiti dovrebbe ricordarlo: all’epoca era presidente di Regione per il Pds, non un dirigente di terzo piano. La verità a mio giudizio è che compiono una mistificazione bella e buona quanti si riducono a rappresentare l’attuale discussione sulle riforme istituzionali come una tenzone tra fautori dell’uomo forte da una parte e sinceri democratici dall’altra. Le cose non stanno così, ovviamente: quello che sta andando in scena a sinistra non è che il prosieguo di un confronto, in corso perlomeno dai tempi dei referendum del 1991-93, tra chi ritiene che l’Italia abbia bisogno di un sistema compiutamente maggioritario, in grado pur coi dovuti contrappesi di formare maggioranze stabili e sicure e di assumere decisioni rapide ed efficaci, e coloro che al contrario sono portatori di una cultura sostanzialmente proporzionalistica. Del resto è solo in quest’ottica che risultano comprensibili certe recenti levate di scudi contro l’Italicum, accusato da alcuni suoi contestatori di essere un meccanismo elettorale “ipermaggioritario” mentre di fatto esso genera, nel trasformare i voti in seggi, una disproporzionalità analoga a quella del Mattarellum, il sistema con cui, senza nessun tipo di drammatizzazione, eleggemmo i parlamentari dal 1994 al 2001.
Dario Parrini
deputato, Segretario Pd Toscana
“Caro Chiti, meriti quattro in pagella” – Intervento di Dario Parrini su Il Tirreno del 27 aprile 2014



Può pensarlo un giovanotto alle prime armi, non uno che già trent’anni fa faceva il segretario regionale del Pci. Se questioni come la forma di Stato e di governo e la legge elettorale fossero una materia su cui ciascuno può fare come gli pare, andando contro le decisioni prese a larga maggioranza dal suo gruppo parlamentare e dal suo partito, non avrebbe senso l’esistenza di un ministero dedicato alle riforme, uno dei più politici che ci siano. A saperlo meglio di tutti dovrebbe essere proprio Chiti, che nel 2006-08 è stato l’ultimo ministro per le Riforme del centrosinistra prima di Maria Elena Boschi. Non mi pare quindi che Vannino possa fare la vittima, o l’incompreso. Anzi mi meraviglia che non comprenda, per la storia che ha, che su questo versante il Pd deve rimanere unito. Non possiamo permetterci di procedere in ordine sparso in questo momento delicato. Io non scomunico nessuno. Ma come segretario regionale democratico mi sento in dovere di esortare Chiti a ritirare il suo disegno di legge, con un atto di responsabilità e di buonsenso. Anche perché la sua analisi è in termini di merito straordinariamente debole. Lo è così tanto che più che un impoverimento della democrazia rischiamo un impoverimento dello spessore del dibattito costituzionale. Dove sta scritto che una Camera eletta con metodo maggioritario debba convivere con un Senato eletto direttamente? Regno Unito e Francia hanno leggi elettorali fortemente maggioritarie e senatori non eletti dai cittadini. L’Ulivo di Prodi nel 1996 propose un Senato alla tedesca, completamente non elettivo, mentre in Italia vigeva un sistema elettorale decisamente maggioritario come il Mattarellum, introdotto tre anni prima. Chiti dovrebbe ricordarlo: all’epoca era presidente di Regione per il Pds, non un dirigente di terzo piano. La verità a mio giudizio è che compiono una mistificazione bella e buona quanti si riducono a rappresentare l’attuale discussione sulle riforme istituzionali come una tenzone tra fautori dell’uomo forte da una parte e sinceri democratici dall’altra. Le cose non stanno così, ovviamente: quello che sta andando in scena a sinistra non è che il prosieguo di un confronto, in corso perlomeno dai tempi dei referendum del 1991-93, tra chi ritiene che l’Italia abbia bisogno di un sistema compiutamente maggioritario, in grado pur coi dovuti contrappesi di formare maggioranze stabili e sicure e di assumere decisioni rapide ed efficaci, e coloro che al contrario sono portatori di una cultura sostanzialmente proporzionalistica. Del resto è solo in quest’ottica che risultano comprensibili certe recenti levate di scudi contro l’Italicum, accusato da alcuni suoi contestatori di essere un meccanismo elettorale “ipermaggioritario” mentre di fatto esso genera, nel trasformare i voti in seggi, una disproporzionalità analoga a quella del Mattarellum, il sistema con cui, senza nessun tipo di drammatizzazione, eleggemmo i parlamentari dal 1994 al 2001.
Dario Parrini
deputato, Segretario Pd Toscana
Liberazione. “Il 25 aprile nel segno del cambiamento”, intervento di Dario Parrini pubblicato su L’Unità del 26 aprile 2014



E’ un esempio sempre attuale quello dei nostri concittadini che non si tirarono indietro e parteciparono in prima persona. Una ricorrenza che anche sul valore della partecipazione oggi ci interroga e ci sprona, per invertire la tendenza di questi anni in cui la sfiducia verso la politica ha coinvolto quelle stesse istituzioni democratiche che nacquero allora con la Costituzione. La politica ha le sue responsabilità. E oggi abbiamo il dovere di eliminare innanzitutto quell’atteggiamento autoreferenziale che ha dimostrato negli ultimi decenni. Sta a noi recuperare, per far tornare a vivere nei cittadini uno spirito di coinvolgimento alla cosa pubblica e al destino collettivo che ci ricorda quegli stessi sentimenti che furono così forti da liberare il Paese e portare la democrazia. Lo possiamo fare lavorando per i provvedimenti di cui i cittadini hanno necessità – lavoro, riduzione delle tasse, scuola, welfare, semplificazione per le imprese – continuando sulla strada dell’abolizione dei privilegi, snellimento della burocrazia, riforme istituzionali, solo per fare alcuni esempi di proposte o atti già approvati in questi primi mesi del governo Renzi.
Quest’anno abbiamo anche un motivo contingente in più: le elezioni europee. Perchè anche l’Europa unita ci riporta ai valori della Liberazione e del dopoguerra, la prospettiva di un futuro di tolleranza, il sogno di mettere fine alle guerre che avevano dilaniato il nostro continente fino ad allora. Un’Europa di pace – che si è realizzata a tal punto che oggi ci sembra quasi scontata – un’Europa che deve inseguire gli obiettivi sempre in movimento di innovazione e giustizia sociale. Adesso abbiamo l’occasione di fare un passo avanti: per un’Europa che sia anche un’Europa politica. La nostra credibilità dipende da quello che sappiamo fare qui, nel nostro paese. Per questo sono fiducioso rispetto a quello che stiamo portando avanti, non annunci, ma fatti concreti, che possono parlare di noi oltre i nostri confini. Cambiare l’Italia significa anche cambiare l’Europa.
Dario Parrini
deputato, segretario Pd Toscana
Liberazione. “Il 25 aprile nel segno del cambiamento”, intervento di Dario Parrini pubblicato su L’Unità del 26 aprile 2014



E’ un esempio sempre attuale quello dei nostri concittadini che non si tirarono indietro e parteciparono in prima persona. Una ricorrenza che anche sul valore della partecipazione oggi ci interroga e ci sprona, per invertire la tendenza di questi anni in cui la sfiducia verso la politica ha coinvolto quelle stesse istituzioni democratiche che nacquero allora con la Costituzione. La politica ha le sue responsabilità. E oggi abbiamo il dovere di eliminare innanzitutto quell’atteggiamento autoreferenziale che ha dimostrato negli ultimi decenni. Sta a noi recuperare, per far tornare a vivere nei cittadini uno spirito di coinvolgimento alla cosa pubblica e al destino collettivo che ci ricorda quegli stessi sentimenti che furono così forti da liberare il Paese e portare la democrazia. Lo possiamo fare lavorando per i provvedimenti di cui i cittadini hanno necessità – lavoro, riduzione delle tasse, scuola, welfare, semplificazione per le imprese – continuando sulla strada dell’abolizione dei privilegi, snellimento della burocrazia, riforme istituzionali, solo per fare alcuni esempi di proposte o atti già approvati in questi primi mesi del governo Renzi.
Quest’anno abbiamo anche un motivo contingente in più: le elezioni europee. Perchè anche l’Europa unita ci riporta ai valori della Liberazione e del dopoguerra, la prospettiva di un futuro di tolleranza, il sogno di mettere fine alle guerre che avevano dilaniato il nostro continente fino ad allora. Un’Europa di pace – che si è realizzata a tal punto che oggi ci sembra quasi scontata – un’Europa che deve inseguire gli obiettivi sempre in movimento di innovazione e giustizia sociale. Adesso abbiamo l’occasione di fare un passo avanti: per un’Europa che sia anche un’Europa politica. La nostra credibilità dipende da quello che sappiamo fare qui, nel nostro paese. Per questo sono fiducioso rispetto a quello che stiamo portando avanti, non annunci, ma fatti concreti, che possono parlare di noi oltre i nostri confini. Cambiare l’Italia significa anche cambiare l’Europa.
Dario Parrini
deputato, segretario Pd Toscana
Accordo Lucchini, Parrini (PD): “Base seria per futuro Piombino. Sfida di politica industriale per la Toscana”
24 aprile 2014 – “L’accordo di programma di oggi, frutto dell’impegno di Governo, Regione, comune di Piombino e parti sociali, è una base seria per dare un futuro produttivo sostenibile e moderno al polo siderurgico di Piombino e a tanti lavoratori. Ne va supportata passo passo l’attuazione con concretezza ed energia. Questa è una vera e propria sfida di politica industriale per la Toscana e per l’Italia”.
Così Dario Parrini, deputato e segretario del Pd toscano, commenta la firma dell’accordo di programma sulla Lucchini.
Accordo Lucchini, Parrini (PD): “Base seria per futuro Piombino. Sfida di politica industriale per la Toscana”
24 aprile 2014 – “L’accordo di programma di oggi, frutto dell’impegno di Governo, Regione, comune di Piombino e parti sociali, è una base seria per dare un futuro produttivo sostenibile e moderno al polo siderurgico di Piombino e a tanti lavoratori. Ne va supportata passo passo l’attuazione con concretezza ed energia. Questa è una vera e propria sfida di politica industriale per la Toscana e per l’Italia”.
Così Dario Parrini, deputato e segretario del Pd toscano, commenta la firma dell’accordo di programma sulla Lucchini.

