2 Ottobre 2014

Francesco Piccolo presenta il suo ultimo libro a Empoli con il segretario regionale Dario Parrini e il segretario cittadino Mazzantini

 Domenica 5 ottobre alla ore 10.00 al Cenacolo degli Agostani (via de’ Neri) a Empoli interessante appuntamento con la letteratura promosso dal Pd di Empoli.  Francesco Piccolo, autore del libro “Il desiderio di essere come tutti” (ed.Mondadori) vincitore del premio Strega, presenterà il suo libro che è il ritratto di un’intera generazione, di un’epoca, filtrato e “romanzato” attraverso lo sguardo prospettico di chi osserva, sente, percepisce. Un libro bello e commovente, dall’impronta personale, politica, divertente, serissima e provocatoria sull’Italia contemporanea.   Insieme a Piccolo saranno presenti il segretario del Pd Toscana Dario Parrini e il segretario del Pd Empoli Jacopo Mazzantini.  L’ingresso è libero.

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24 Settembre 2014

Jobs act. Intervento di Dario Parrini su “Europa” – 24 settembre 2014

congresso 224 settembre 2014 –

Sul lavoro più logica e meno ideologia

Le polemiche sul Jobs Act? Trattiamo allo stesso modo i lavoratori di aziende sotto i 15 dipendenti

http://www.europaquotidiano.it/2014/09/24/sul-lavoro-piu-logica-e-meno-ideologia/

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Jobs act. Intervento di Dario Parrini su “Europa” – 24 settembre 2014

congresso 224 settembre 2014 –

Sul lavoro più logica e meno ideologia

Le polemiche sul Jobs Act? Trattiamo allo stesso modo i lavoratori di aziende sotto i 15 dipendenti

http://www.europaquotidiano.it/2014/09/24/sul-lavoro-piu-logica-e-meno-ideologia/

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23 Settembre 2014

“Viaggio in Toscana”. Presentazione del libro di Enrico Rossi il 2 ottobre a Pisa

Incontro Pisa 20141002 Viaggio in Toscana Enrico RossiIl Partito Democratico della Toscana promuove per il prossimo giovedì 2 ottobre alle 21 a Pisa un’iniziativa regionale per presentare il libro del Presidente della giunta Enrico Rossi “Viaggio in Toscana”.

All’incontro saranno presenti anche il Segretario Regionale PD Dario Parrini, il capogruppo PD in Consiglio regionale Ivan Ferrucci e il Responsabile Organizzazione regionale PD Antonio Mazzeo.

L’incontro si svolerà presso il centro Maccarrone in via Cesare Battisti 14 a Pisa.

 

 

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22 Settembre 2014

Articolo 18. Intervista a Dario Parrini. La Repubblica Firenze – 21 settembre 2014

21 settembre 2014 –
Parrini ai sindacati “Difendo il piano aumenterà i diritti di tutti i lavoratori”
Il segretario Pd : discutiamolo nel complesso, può rimuovere disincentivi ad assumere.
La svolta di Rossi? È di sinistra, non mi sorprende
 
MASSIMO VANNI
 
«RIFORMARE l’articolo 18? Bisogna essere disposti a tutto per ridurre la disoccupazione », sostiene il deputato e segretario del Pd toscano Dario Parrini. Invitando tutti, «partiti sindacati, associazioni di categoria a giudicare il piano nel complesso».
Segretario Parrini, pronto al duello Pd-sindacati?
«No, credo che ci sarà una discussione seria ma anche molto franca, che possiamo fare rispettandoci reciprocamente».
Ma ci saranno scioperi probabilmente.
«Al momento stiamo discutendo della legge delega, del ‘jobs act’ e degli strumenti applicativi. Non li diamo per scontati».
Considera la riforma dell’articolo 18 come una Bad Godesberg della sinistra italiana?
«Lo è già stato il Lingotto di Veltroni del 2007. Ma senza dubbio un grande partito riformista europeo non può non fare i conti con la necessità di modernizzare il mercato del lavoro e di potenziare le tutele a vantaggio dei lavoratori ».
Ma serve ad aumentare l’occupazione o è solo una battaglia simbolica per una maggiore flessibilità?
«Abbiamo una strategia per il rilancio della crescita e dell’occupazione. E di questa strategia sono pilastri la riduzione della spesa pubblica improduttiva finalizzata ad abbassare la pressione fiscale su lavoro e imprese nonché a rilanciare gli investimenti pubblici, una forte semplificazione burocratica e normativa, la spinta sulle istituzioni comunitarie per nuove politiche di bilancio e monetarie in Europa, il potenziamento dei servizi all’impiego e della formazione professionale, in particolare dell’alternanza scuola-lavoro, l’estensione a tutti i lavoratori degli ammortizzatori sociali e di alcuni diritti fondamentali, il salario minimo per tutti ».
E la crescita dell’occupazione?
«In questa strategia anche la revisione dell’articolo 18, che rimane per i licenziamenti discriminatori, ha un posto nella misura in cui, oltre a promuovere la crescita economica, può rimuovere qualsiasi elemento che possa essere vissuto come disincentivo ad assumere e a creare posti di lavoro. Bisogna essere disposti a tutto per ridurre la disoccupazione. Invito tutti, partiti sindacati, associazioni a giudicare il nostro piano nel complesso perché parlare del ramo anziché dell’albero non è corretto: questo piano aumenterà i diritti dell’insieme dei lavoratori italiani. Ed essendo un ammiratore del modello tedesco, dico che sono fondamentali elementi come la partecipazione dei lavoratori nella gestione delle aziende, il ruolo della contrattazione aziendale: cose che richiedono un salto di qualità nelle relazioni industriali e un protagonismo positivo dei sindacati».
Se è così, come spiega l’opposizione dei sindacati?
«Mi pare ci siano posizioni diverse. Quelle negative non me le spiego, se non come frutto di una valutazione parziale. Confido che lo sviluppo del dibattito porterà i sindacati ad un’evoluzione più serena. Mi auguro che la lezione di Luciano Lama sia ricordata di più di quella di Sergio Garavini. Due grandi dirigenti sindacali che, a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80 rappresentarono al vertice Cgil due idee diverse».
Landini e Camusso hanno trovato una nuova sintonia.
«Ho sempre avuto fiducia nel senso di responsabilità del maggiore sindacato. I nostri provvedimenti non hanno lo scopo né di ricompattare né dividere la Cgil, verso la cui autonomia abbiamo un rispetto sacrale. Con la Cgil siamo abituati a discutere e a farlo in maniera seria».
Sorpreso dalla svolta del governatore Rossi?
«Porsi il problema di dare più diritti a chi ne ha pochissimi, è la cosa più di sinistra che ci sia ed Enrico è un uomo di sinistra e quindi non mi ha sorpreso».
 
 
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Articolo 18. Intervista a Dario Parrini. La Repubblica Firenze – 21 settembre 2014

21 settembre 2014 –
Parrini ai sindacati “Difendo il piano aumenterà i diritti di tutti i lavoratori”
Il segretario Pd : discutiamolo nel complesso, può rimuovere disincentivi ad assumere.
La svolta di Rossi? È di sinistra, non mi sorprende
 
MASSIMO VANNI
 
«RIFORMARE l’articolo 18? Bisogna essere disposti a tutto per ridurre la disoccupazione », sostiene il deputato e segretario del Pd toscano Dario Parrini. Invitando tutti, «partiti sindacati, associazioni di categoria a giudicare il piano nel complesso».
Segretario Parrini, pronto al duello Pd-sindacati?
«No, credo che ci sarà una discussione seria ma anche molto franca, che possiamo fare rispettandoci reciprocamente».
Ma ci saranno scioperi probabilmente.
«Al momento stiamo discutendo della legge delega, del ‘jobs act’ e degli strumenti applicativi. Non li diamo per scontati».
Considera la riforma dell’articolo 18 come una Bad Godesberg della sinistra italiana?
«Lo è già stato il Lingotto di Veltroni del 2007. Ma senza dubbio un grande partito riformista europeo non può non fare i conti con la necessità di modernizzare il mercato del lavoro e di potenziare le tutele a vantaggio dei lavoratori ».
Ma serve ad aumentare l’occupazione o è solo una battaglia simbolica per una maggiore flessibilità?
«Abbiamo una strategia per il rilancio della crescita e dell’occupazione. E di questa strategia sono pilastri la riduzione della spesa pubblica improduttiva finalizzata ad abbassare la pressione fiscale su lavoro e imprese nonché a rilanciare gli investimenti pubblici, una forte semplificazione burocratica e normativa, la spinta sulle istituzioni comunitarie per nuove politiche di bilancio e monetarie in Europa, il potenziamento dei servizi all’impiego e della formazione professionale, in particolare dell’alternanza scuola-lavoro, l’estensione a tutti i lavoratori degli ammortizzatori sociali e di alcuni diritti fondamentali, il salario minimo per tutti ».
E la crescita dell’occupazione?
«In questa strategia anche la revisione dell’articolo 18, che rimane per i licenziamenti discriminatori, ha un posto nella misura in cui, oltre a promuovere la crescita economica, può rimuovere qualsiasi elemento che possa essere vissuto come disincentivo ad assumere e a creare posti di lavoro. Bisogna essere disposti a tutto per ridurre la disoccupazione. Invito tutti, partiti sindacati, associazioni a giudicare il nostro piano nel complesso perché parlare del ramo anziché dell’albero non è corretto: questo piano aumenterà i diritti dell’insieme dei lavoratori italiani. Ed essendo un ammiratore del modello tedesco, dico che sono fondamentali elementi come la partecipazione dei lavoratori nella gestione delle aziende, il ruolo della contrattazione aziendale: cose che richiedono un salto di qualità nelle relazioni industriali e un protagonismo positivo dei sindacati».
Se è così, come spiega l’opposizione dei sindacati?
«Mi pare ci siano posizioni diverse. Quelle negative non me le spiego, se non come frutto di una valutazione parziale. Confido che lo sviluppo del dibattito porterà i sindacati ad un’evoluzione più serena. Mi auguro che la lezione di Luciano Lama sia ricordata di più di quella di Sergio Garavini. Due grandi dirigenti sindacali che, a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80 rappresentarono al vertice Cgil due idee diverse».
Landini e Camusso hanno trovato una nuova sintonia.
«Ho sempre avuto fiducia nel senso di responsabilità del maggiore sindacato. I nostri provvedimenti non hanno lo scopo né di ricompattare né dividere la Cgil, verso la cui autonomia abbiamo un rispetto sacrale. Con la Cgil siamo abituati a discutere e a farlo in maniera seria».
Sorpreso dalla svolta del governatore Rossi?
«Porsi il problema di dare più diritti a chi ne ha pochissimi, è la cosa più di sinistra che ci sia ed Enrico è un uomo di sinistra e quindi non mi ha sorpreso».
 
 
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18 Settembre 2014

“Il passo avanti: più preferenze e meno nominati”, intervento di Dario Parrini sul Corriere fiorentino

il passo avanti più preferenze e meno nominati 18 settembre 2014 – Caro direttore,
in qualità di segretario regionale del Pd vorrei rispondere all’editoriale comparso sul Corriere Fiorentino («Il castello da evitare) del 1o settembre scorso firmato da Franco Camarlinghi (con il quale ci siamo conosciuti qualche tempo fa, alla presentazione di un libro di Antonio Funiciello, quando ancora non ero deputato).
Vorrei in particolare soffermarmi sulla critica che sulla nuova legge elettorale della Toscana Camarlinghi ha rivolto alla decisione di non prevedere che i partiti che sceglieranno di usare il listino bloccato di tre nomi debbano riportare questi nomi sulla scheda. Quella che è stata presentata come una decisione «anti-trasparenza» e a sfondo politico, è in realtà una decisione «anti confusione», e a sfondo puramente tecnico (al punto che l’elettore troverà sulla scheda una dicitura, «candidati regionale presenti», che lo avvertirà se un partito ha fatto la scelta del listino bloccato). Quando dico «confusione» mi riferisco alla confusione che sarebbe potuta sorgere se sulla scheda fossero comparsi i nomi dei candidati bloccati da una parte e quella dei candidati preferenziabili dall’altra. Tenga presente che in nessuno dei sistemi elettorali regionali che usano il listino (e neanche in quello che usammo in Toscana al tempo di Chiti nel 1995 e nel 2000, quando appunto 1o consiglieri regionali su 5o venivano da un listino bloccato) i nomi dei candidati bloccati, pochi o tanti che siano, sono scritti sulla scheda. Noi avremmo potuto riportare questi nomi sulla scheda se avessimo scelto di reintrodurre le preferenze «alla vecchia maniera», cioè con obbligo per l’elettore di indicare la propria preferenza scrivendo sulla scheda il cognome del candidato prescelto, o il suo nome e cognome. Invece, primi in Italia, abbiamo fatto la scelta virtuosa della preferenza agevolata. I nomi dei candidati saranno prestampati sulla scheda con accanto un quadretto da barrare. Questo faciliterà l’espressione del voto di preferenza e ci darà un Consiglio regionale composto di eletti con investitura più ampia di quella che gli eletti hanno avuto nel 1995 e nel 2000, le due volte in cui in Toscana si è votato con un mix di preferenze e nomi bloccati. In quelle due circostanze quello che i politologi chiamano il «tasso di preferenza» fu tra i più bassi d’Italia: espressero una preferenza il15%o degli elettori nel 1995 e il28%o nel 2000. Ciò rendeva gli eletti con le preferenze (questo argomento è molto caro al professor Roberto D’Alimonte e a tutti quelli che amano poco le preferenze) espressione della scelta di una molto piccola minoranza di elettori. Con la preferenza agevolata il tasso di preferenza dovrebbe quasi certamente salire e quasi certamente avremo consiglieri più «rappresentativi».

Post scriptum: secondo le nostre stime nel nuovo Consiglio regionale, che avrà 40 componenti, i consiglieri eletti con le preferenze saranno da 33 a 35 e quelli eletti con listino bloccato da 5 a 7. Cioè i «nominati» saranno, anche nella più sfavorevole delle ipotesi, comunque meno, in percentuale, di quelli che avemmo in Toscana con il sistema usato nel 1995 e 2000 e precedente al Cinghialum. Quel sistema era il Tatarellum. E nel Tatarellum i nominati erano invariabilmente 10 su 5o, cioè il 20%. Alle regionali del maggio scorso in Piemonte, quando è stato eletto Chiamparino, i cittadini hanno votato col Tatarellum e gli eletti “bloccati” sono stati 1o su 5o, come in Toscana 15 e 20 anni fa.

Dario Parrini

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“Il passo avanti: più preferenze e meno nominati”, intervento di Dario Parrini sul Corriere fiorentino

il passo avanti più preferenze e meno nominati 18 settembre 2014 – Caro direttore,
in qualità di segretario regionale del Pd vorrei rispondere all’editoriale comparso sul Corriere Fiorentino («Il castello da evitare) del 1o settembre scorso firmato da Franco Camarlinghi (con il quale ci siamo conosciuti qualche tempo fa, alla presentazione di un libro di Antonio Funiciello, quando ancora non ero deputato).
Vorrei in particolare soffermarmi sulla critica che sulla nuova legge elettorale della Toscana Camarlinghi ha rivolto alla decisione di non prevedere che i partiti che sceglieranno di usare il listino bloccato di tre nomi debbano riportare questi nomi sulla scheda. Quella che è stata presentata come una decisione «anti-trasparenza» e a sfondo politico, è in realtà una decisione «anti confusione», e a sfondo puramente tecnico (al punto che l’elettore troverà sulla scheda una dicitura, «candidati regionale presenti», che lo avvertirà se un partito ha fatto la scelta del listino bloccato). Quando dico «confusione» mi riferisco alla confusione che sarebbe potuta sorgere se sulla scheda fossero comparsi i nomi dei candidati bloccati da una parte e quella dei candidati preferenziabili dall’altra. Tenga presente che in nessuno dei sistemi elettorali regionali che usano il listino (e neanche in quello che usammo in Toscana al tempo di Chiti nel 1995 e nel 2000, quando appunto 1o consiglieri regionali su 5o venivano da un listino bloccato) i nomi dei candidati bloccati, pochi o tanti che siano, sono scritti sulla scheda. Noi avremmo potuto riportare questi nomi sulla scheda se avessimo scelto di reintrodurre le preferenze «alla vecchia maniera», cioè con obbligo per l’elettore di indicare la propria preferenza scrivendo sulla scheda il cognome del candidato prescelto, o il suo nome e cognome. Invece, primi in Italia, abbiamo fatto la scelta virtuosa della preferenza agevolata. I nomi dei candidati saranno prestampati sulla scheda con accanto un quadretto da barrare. Questo faciliterà l’espressione del voto di preferenza e ci darà un Consiglio regionale composto di eletti con investitura più ampia di quella che gli eletti hanno avuto nel 1995 e nel 2000, le due volte in cui in Toscana si è votato con un mix di preferenze e nomi bloccati. In quelle due circostanze quello che i politologi chiamano il «tasso di preferenza» fu tra i più bassi d’Italia: espressero una preferenza il15%o degli elettori nel 1995 e il28%o nel 2000. Ciò rendeva gli eletti con le preferenze (questo argomento è molto caro al professor Roberto D’Alimonte e a tutti quelli che amano poco le preferenze) espressione della scelta di una molto piccola minoranza di elettori. Con la preferenza agevolata il tasso di preferenza dovrebbe quasi certamente salire e quasi certamente avremo consiglieri più «rappresentativi».

Post scriptum: secondo le nostre stime nel nuovo Consiglio regionale, che avrà 40 componenti, i consiglieri eletti con le preferenze saranno da 33 a 35 e quelli eletti con listino bloccato da 5 a 7. Cioè i «nominati» saranno, anche nella più sfavorevole delle ipotesi, comunque meno, in percentuale, di quelli che avemmo in Toscana con il sistema usato nel 1995 e 2000 e precedente al Cinghialum. Quel sistema era il Tatarellum. E nel Tatarellum i nominati erano invariabilmente 10 su 5o, cioè il 20%. Alle regionali del maggio scorso in Piemonte, quando è stato eletto Chiamparino, i cittadini hanno votato col Tatarellum e gli eletti “bloccati” sono stati 1o su 5o, come in Toscana 15 e 20 anni fa.

Dario Parrini

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15 Settembre 2014

“È una legge corretta e democratica”, intervento di Dario Parrini sul Tirreno

intervento-parrini-legge-elettorale15 settembre 2014 – “Approvata la nuova legge elettorale regionale, il Pd toscano può affermare con fierezza di aver mantenuto tutti gli impegni di riforma istituzionale assunti coi cittadini: abbiamo ridotto da 55 a 40 i consiglieri regionali e da 10 a 8 gli assessori; abbiamo rottamato una brutta legge elettorale reintroducendo le preferenze e permettendo ai cittadini di tornare a contare molto di più delle segreterie dei partiti; per primi in Italia useremo il doppio turno e più di ogni altra regione promuoveremo la parità di genere. Tutto questo senza venir meno al principio che le regole del gioco si cambiano con la principale forza di opposizione, e con un accordo nel quale abbiamo ottenuto assai più di quanto abbiamo concesso. Sulla questione del premio di maggioranza non posso condividere ciò che ha scritto ieri su queste pagine Emanuele Rossi. Il quale, credo per un equivoco, ha indicato come limite della nuova legge elettorale quello che è in realtà uno dei suoi maggiori pregi: la “democratizzazione” del premio di maggioranza in un sistema che, come tutti gli altri sistemi elettorali regionali e comunali, e a differenza del sistema per eleggere i parlamentari, poggia sull’elezione diretta del presidente dell’organo esecutivo. Se, come sostiene Rossi, il “premio alla toscana” fosse sospettabile di incostituzionalità, lo sarebbero due volte tanto tutti gli altri sistemi elettorali regionali, alcuni dei quali modificati di recente. In Toscana, secondo la nuova legge, un candidato presidente che dovesse prevalere con il 38% – e che fosse collegato a liste che, a causa di un massiccio voto disgiunto, si fermassero al 32% – sarebbe costretto, per ottenere il premio di maggioranza, a un turno di ballottaggio. Questa garanzia ad oggi esiste solo in Toscana. In Lombardia (legge 17/2012), nell’ipotesi di lavoro di cui sopra, si attribuirebbe subito alla coalizione del presidente, senza nessun ballottaggio, il 55% dei seggi, e questo per assurdo avverrebbe anche se il presidente vincesse col 30%. La legge lombarda, come quella di tutte le altre regioni, è a turno unico e non prevede che l’assegnazione di un cospicuo premio sia subordinata al raggiungimento di una quota minima di consensi. Le cose stanno così anche in Emilia-Romagna, secondo la legge 21/2014. E stanno così anche in Piemonte, dove si è votato meno di quattro mesi fa. E stanno così anche altrove. E soprattutto stanno così nella legge elettorale universalmente ritenuta la più efficiente del sistema italiano: quella con cui dal 1993 si eleggono direttamente i sindaci nei comuni con più di quindicimila abitanti (che è anche la legge con cui si sono eletti i presidenti delle giunte provinciali finché le province non sono diventate enti di secondo grado). Salvo alcune differenze, la legge dei sindaci del 1993 nasce dalla stessa filosofia che ha ispirato la nuova legge toscana: elezione diretta e congiunta del vertice del potere esecutivo e dell’assemblea elettiva; attribuzione di un forte premio di maggioranza al superamento di una soglia prestabilita; possibilità che la coalizione del candidato sindaco vincitore prenda il 60% dei seggi anche in presenza di un significativo voto disgiunto. Se, quindi, avesse ragione Rossi, dovremmo indiziare di incostituzionalità tutti i sistemi elettorali delle regioni italiane e il sistema di elezione diretta del sindaco. La qual cosa non sembra né possibile né ragionevole. Né credo che il professor Rossi, per il quale provo sincera stima, la pensi”

Dario Parrini, segretario regionale del Pd

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“È una legge corretta e democratica”, intervento di Dario Parrini sul Tirreno

intervento-parrini-legge-elettorale15 settembre 2014 – “Approvata la nuova legge elettorale regionale, il Pd toscano può affermare con fierezza di aver mantenuto tutti gli impegni di riforma istituzionale assunti coi cittadini: abbiamo ridotto da 55 a 40 i consiglieri regionali e da 10 a 8 gli assessori; abbiamo rottamato una brutta legge elettorale reintroducendo le preferenze e permettendo ai cittadini di tornare a contare molto di più delle segreterie dei partiti; per primi in Italia useremo il doppio turno e più di ogni altra regione promuoveremo la parità di genere. Tutto questo senza venir meno al principio che le regole del gioco si cambiano con la principale forza di opposizione, e con un accordo nel quale abbiamo ottenuto assai più di quanto abbiamo concesso. Sulla questione del premio di maggioranza non posso condividere ciò che ha scritto ieri su queste pagine Emanuele Rossi. Il quale, credo per un equivoco, ha indicato come limite della nuova legge elettorale quello che è in realtà uno dei suoi maggiori pregi: la “democratizzazione” del premio di maggioranza in un sistema che, come tutti gli altri sistemi elettorali regionali e comunali, e a differenza del sistema per eleggere i parlamentari, poggia sull’elezione diretta del presidente dell’organo esecutivo. Se, come sostiene Rossi, il “premio alla toscana” fosse sospettabile di incostituzionalità, lo sarebbero due volte tanto tutti gli altri sistemi elettorali regionali, alcuni dei quali modificati di recente. In Toscana, secondo la nuova legge, un candidato presidente che dovesse prevalere con il 38% – e che fosse collegato a liste che, a causa di un massiccio voto disgiunto, si fermassero al 32% – sarebbe costretto, per ottenere il premio di maggioranza, a un turno di ballottaggio. Questa garanzia ad oggi esiste solo in Toscana. In Lombardia (legge 17/2012), nell’ipotesi di lavoro di cui sopra, si attribuirebbe subito alla coalizione del presidente, senza nessun ballottaggio, il 55% dei seggi, e questo per assurdo avverrebbe anche se il presidente vincesse col 30%. La legge lombarda, come quella di tutte le altre regioni, è a turno unico e non prevede che l’assegnazione di un cospicuo premio sia subordinata al raggiungimento di una quota minima di consensi. Le cose stanno così anche in Emilia-Romagna, secondo la legge 21/2014. E stanno così anche in Piemonte, dove si è votato meno di quattro mesi fa. E stanno così anche altrove. E soprattutto stanno così nella legge elettorale universalmente ritenuta la più efficiente del sistema italiano: quella con cui dal 1993 si eleggono direttamente i sindaci nei comuni con più di quindicimila abitanti (che è anche la legge con cui si sono eletti i presidenti delle giunte provinciali finché le province non sono diventate enti di secondo grado). Salvo alcune differenze, la legge dei sindaci del 1993 nasce dalla stessa filosofia che ha ispirato la nuova legge toscana: elezione diretta e congiunta del vertice del potere esecutivo e dell’assemblea elettiva; attribuzione di un forte premio di maggioranza al superamento di una soglia prestabilita; possibilità che la coalizione del candidato sindaco vincitore prenda il 60% dei seggi anche in presenza di un significativo voto disgiunto. Se, quindi, avesse ragione Rossi, dovremmo indiziare di incostituzionalità tutti i sistemi elettorali delle regioni italiane e il sistema di elezione diretta del sindaco. La qual cosa non sembra né possibile né ragionevole. Né credo che il professor Rossi, per il quale provo sincera stima, la pensi”

Dario Parrini, segretario regionale del Pd

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