Articolo 18. Intervista a Dario Parrini. La Repubblica Firenze – 21 settembre 2014

21 settembre 2014 –
Parrini ai sindacati “Difendo il piano aumenterà i diritti di tutti i lavoratori”
Il segretario Pd : discutiamolo nel complesso, può rimuovere disincentivi ad assumere.
La svolta di Rossi? È di sinistra, non mi sorprende
 
MASSIMO VANNI
 
«RIFORMARE l’articolo 18? Bisogna essere disposti a tutto per ridurre la disoccupazione », sostiene il deputato e segretario del Pd toscano Dario Parrini. Invitando tutti, «partiti sindacati, associazioni di categoria a giudicare il piano nel complesso».
Segretario Parrini, pronto al duello Pd-sindacati?
«No, credo che ci sarà una discussione seria ma anche molto franca, che possiamo fare rispettandoci reciprocamente».
Ma ci saranno scioperi probabilmente.
«Al momento stiamo discutendo della legge delega, del ‘jobs act’ e degli strumenti applicativi. Non li diamo per scontati».
Considera la riforma dell’articolo 18 come una Bad Godesberg della sinistra italiana?
«Lo è già stato il Lingotto di Veltroni del 2007. Ma senza dubbio un grande partito riformista europeo non può non fare i conti con la necessità di modernizzare il mercato del lavoro e di potenziare le tutele a vantaggio dei lavoratori ».
Ma serve ad aumentare l’occupazione o è solo una battaglia simbolica per una maggiore flessibilità?
«Abbiamo una strategia per il rilancio della crescita e dell’occupazione. E di questa strategia sono pilastri la riduzione della spesa pubblica improduttiva finalizzata ad abbassare la pressione fiscale su lavoro e imprese nonché a rilanciare gli investimenti pubblici, una forte semplificazione burocratica e normativa, la spinta sulle istituzioni comunitarie per nuove politiche di bilancio e monetarie in Europa, il potenziamento dei servizi all’impiego e della formazione professionale, in particolare dell’alternanza scuola-lavoro, l’estensione a tutti i lavoratori degli ammortizzatori sociali e di alcuni diritti fondamentali, il salario minimo per tutti ».
E la crescita dell’occupazione?
«In questa strategia anche la revisione dell’articolo 18, che rimane per i licenziamenti discriminatori, ha un posto nella misura in cui, oltre a promuovere la crescita economica, può rimuovere qualsiasi elemento che possa essere vissuto come disincentivo ad assumere e a creare posti di lavoro. Bisogna essere disposti a tutto per ridurre la disoccupazione. Invito tutti, partiti sindacati, associazioni a giudicare il nostro piano nel complesso perché parlare del ramo anziché dell’albero non è corretto: questo piano aumenterà i diritti dell’insieme dei lavoratori italiani. Ed essendo un ammiratore del modello tedesco, dico che sono fondamentali elementi come la partecipazione dei lavoratori nella gestione delle aziende, il ruolo della contrattazione aziendale: cose che richiedono un salto di qualità nelle relazioni industriali e un protagonismo positivo dei sindacati».
Se è così, come spiega l’opposizione dei sindacati?
«Mi pare ci siano posizioni diverse. Quelle negative non me le spiego, se non come frutto di una valutazione parziale. Confido che lo sviluppo del dibattito porterà i sindacati ad un’evoluzione più serena. Mi auguro che la lezione di Luciano Lama sia ricordata di più di quella di Sergio Garavini. Due grandi dirigenti sindacali che, a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80 rappresentarono al vertice Cgil due idee diverse».
Landini e Camusso hanno trovato una nuova sintonia.
«Ho sempre avuto fiducia nel senso di responsabilità del maggiore sindacato. I nostri provvedimenti non hanno lo scopo né di ricompattare né dividere la Cgil, verso la cui autonomia abbiamo un rispetto sacrale. Con la Cgil siamo abituati a discutere e a farlo in maniera seria».
Sorpreso dalla svolta del governatore Rossi?
«Porsi il problema di dare più diritti a chi ne ha pochissimi, è la cosa più di sinistra che ci sia ed Enrico è un uomo di sinistra e quindi non mi ha sorpreso».