18 Settembre 2014

“Il passo avanti: più preferenze e meno nominati”, intervento di Dario Parrini sul Corriere fiorentino

il passo avanti più preferenze e meno nominati 18 settembre 2014 – Caro direttore,
in qualità di segretario regionale del Pd vorrei rispondere all’editoriale comparso sul Corriere Fiorentino («Il castello da evitare) del 1o settembre scorso firmato da Franco Camarlinghi (con il quale ci siamo conosciuti qualche tempo fa, alla presentazione di un libro di Antonio Funiciello, quando ancora non ero deputato).
Vorrei in particolare soffermarmi sulla critica che sulla nuova legge elettorale della Toscana Camarlinghi ha rivolto alla decisione di non prevedere che i partiti che sceglieranno di usare il listino bloccato di tre nomi debbano riportare questi nomi sulla scheda. Quella che è stata presentata come una decisione «anti-trasparenza» e a sfondo politico, è in realtà una decisione «anti confusione», e a sfondo puramente tecnico (al punto che l’elettore troverà sulla scheda una dicitura, «candidati regionale presenti», che lo avvertirà se un partito ha fatto la scelta del listino bloccato). Quando dico «confusione» mi riferisco alla confusione che sarebbe potuta sorgere se sulla scheda fossero comparsi i nomi dei candidati bloccati da una parte e quella dei candidati preferenziabili dall’altra. Tenga presente che in nessuno dei sistemi elettorali regionali che usano il listino (e neanche in quello che usammo in Toscana al tempo di Chiti nel 1995 e nel 2000, quando appunto 1o consiglieri regionali su 5o venivano da un listino bloccato) i nomi dei candidati bloccati, pochi o tanti che siano, sono scritti sulla scheda. Noi avremmo potuto riportare questi nomi sulla scheda se avessimo scelto di reintrodurre le preferenze «alla vecchia maniera», cioè con obbligo per l’elettore di indicare la propria preferenza scrivendo sulla scheda il cognome del candidato prescelto, o il suo nome e cognome. Invece, primi in Italia, abbiamo fatto la scelta virtuosa della preferenza agevolata. I nomi dei candidati saranno prestampati sulla scheda con accanto un quadretto da barrare. Questo faciliterà l’espressione del voto di preferenza e ci darà un Consiglio regionale composto di eletti con investitura più ampia di quella che gli eletti hanno avuto nel 1995 e nel 2000, le due volte in cui in Toscana si è votato con un mix di preferenze e nomi bloccati. In quelle due circostanze quello che i politologi chiamano il «tasso di preferenza» fu tra i più bassi d’Italia: espressero una preferenza il15%o degli elettori nel 1995 e il28%o nel 2000. Ciò rendeva gli eletti con le preferenze (questo argomento è molto caro al professor Roberto D’Alimonte e a tutti quelli che amano poco le preferenze) espressione della scelta di una molto piccola minoranza di elettori. Con la preferenza agevolata il tasso di preferenza dovrebbe quasi certamente salire e quasi certamente avremo consiglieri più «rappresentativi».

Post scriptum: secondo le nostre stime nel nuovo Consiglio regionale, che avrà 40 componenti, i consiglieri eletti con le preferenze saranno da 33 a 35 e quelli eletti con listino bloccato da 5 a 7. Cioè i «nominati» saranno, anche nella più sfavorevole delle ipotesi, comunque meno, in percentuale, di quelli che avemmo in Toscana con il sistema usato nel 1995 e 2000 e precedente al Cinghialum. Quel sistema era il Tatarellum. E nel Tatarellum i nominati erano invariabilmente 10 su 5o, cioè il 20%. Alle regionali del maggio scorso in Piemonte, quando è stato eletto Chiamparino, i cittadini hanno votato col Tatarellum e gli eletti “bloccati” sono stati 1o su 5o, come in Toscana 15 e 20 anni fa.

Dario Parrini

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“Il passo avanti: più preferenze e meno nominati”, intervento di Dario Parrini sul Corriere fiorentino

il passo avanti più preferenze e meno nominati 18 settembre 2014 – Caro direttore,
in qualità di segretario regionale del Pd vorrei rispondere all’editoriale comparso sul Corriere Fiorentino («Il castello da evitare) del 1o settembre scorso firmato da Franco Camarlinghi (con il quale ci siamo conosciuti qualche tempo fa, alla presentazione di un libro di Antonio Funiciello, quando ancora non ero deputato).
Vorrei in particolare soffermarmi sulla critica che sulla nuova legge elettorale della Toscana Camarlinghi ha rivolto alla decisione di non prevedere che i partiti che sceglieranno di usare il listino bloccato di tre nomi debbano riportare questi nomi sulla scheda. Quella che è stata presentata come una decisione «anti-trasparenza» e a sfondo politico, è in realtà una decisione «anti confusione», e a sfondo puramente tecnico (al punto che l’elettore troverà sulla scheda una dicitura, «candidati regionale presenti», che lo avvertirà se un partito ha fatto la scelta del listino bloccato). Quando dico «confusione» mi riferisco alla confusione che sarebbe potuta sorgere se sulla scheda fossero comparsi i nomi dei candidati bloccati da una parte e quella dei candidati preferenziabili dall’altra. Tenga presente che in nessuno dei sistemi elettorali regionali che usano il listino (e neanche in quello che usammo in Toscana al tempo di Chiti nel 1995 e nel 2000, quando appunto 1o consiglieri regionali su 5o venivano da un listino bloccato) i nomi dei candidati bloccati, pochi o tanti che siano, sono scritti sulla scheda. Noi avremmo potuto riportare questi nomi sulla scheda se avessimo scelto di reintrodurre le preferenze «alla vecchia maniera», cioè con obbligo per l’elettore di indicare la propria preferenza scrivendo sulla scheda il cognome del candidato prescelto, o il suo nome e cognome. Invece, primi in Italia, abbiamo fatto la scelta virtuosa della preferenza agevolata. I nomi dei candidati saranno prestampati sulla scheda con accanto un quadretto da barrare. Questo faciliterà l’espressione del voto di preferenza e ci darà un Consiglio regionale composto di eletti con investitura più ampia di quella che gli eletti hanno avuto nel 1995 e nel 2000, le due volte in cui in Toscana si è votato con un mix di preferenze e nomi bloccati. In quelle due circostanze quello che i politologi chiamano il «tasso di preferenza» fu tra i più bassi d’Italia: espressero una preferenza il15%o degli elettori nel 1995 e il28%o nel 2000. Ciò rendeva gli eletti con le preferenze (questo argomento è molto caro al professor Roberto D’Alimonte e a tutti quelli che amano poco le preferenze) espressione della scelta di una molto piccola minoranza di elettori. Con la preferenza agevolata il tasso di preferenza dovrebbe quasi certamente salire e quasi certamente avremo consiglieri più «rappresentativi».

Post scriptum: secondo le nostre stime nel nuovo Consiglio regionale, che avrà 40 componenti, i consiglieri eletti con le preferenze saranno da 33 a 35 e quelli eletti con listino bloccato da 5 a 7. Cioè i «nominati» saranno, anche nella più sfavorevole delle ipotesi, comunque meno, in percentuale, di quelli che avemmo in Toscana con il sistema usato nel 1995 e 2000 e precedente al Cinghialum. Quel sistema era il Tatarellum. E nel Tatarellum i nominati erano invariabilmente 10 su 5o, cioè il 20%. Alle regionali del maggio scorso in Piemonte, quando è stato eletto Chiamparino, i cittadini hanno votato col Tatarellum e gli eletti “bloccati” sono stati 1o su 5o, come in Toscana 15 e 20 anni fa.

Dario Parrini

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15 Settembre 2014

“È una legge corretta e democratica”, intervento di Dario Parrini sul Tirreno

intervento-parrini-legge-elettorale15 settembre 2014 – “Approvata la nuova legge elettorale regionale, il Pd toscano può affermare con fierezza di aver mantenuto tutti gli impegni di riforma istituzionale assunti coi cittadini: abbiamo ridotto da 55 a 40 i consiglieri regionali e da 10 a 8 gli assessori; abbiamo rottamato una brutta legge elettorale reintroducendo le preferenze e permettendo ai cittadini di tornare a contare molto di più delle segreterie dei partiti; per primi in Italia useremo il doppio turno e più di ogni altra regione promuoveremo la parità di genere. Tutto questo senza venir meno al principio che le regole del gioco si cambiano con la principale forza di opposizione, e con un accordo nel quale abbiamo ottenuto assai più di quanto abbiamo concesso. Sulla questione del premio di maggioranza non posso condividere ciò che ha scritto ieri su queste pagine Emanuele Rossi. Il quale, credo per un equivoco, ha indicato come limite della nuova legge elettorale quello che è in realtà uno dei suoi maggiori pregi: la “democratizzazione” del premio di maggioranza in un sistema che, come tutti gli altri sistemi elettorali regionali e comunali, e a differenza del sistema per eleggere i parlamentari, poggia sull’elezione diretta del presidente dell’organo esecutivo. Se, come sostiene Rossi, il “premio alla toscana” fosse sospettabile di incostituzionalità, lo sarebbero due volte tanto tutti gli altri sistemi elettorali regionali, alcuni dei quali modificati di recente. In Toscana, secondo la nuova legge, un candidato presidente che dovesse prevalere con il 38% – e che fosse collegato a liste che, a causa di un massiccio voto disgiunto, si fermassero al 32% – sarebbe costretto, per ottenere il premio di maggioranza, a un turno di ballottaggio. Questa garanzia ad oggi esiste solo in Toscana. In Lombardia (legge 17/2012), nell’ipotesi di lavoro di cui sopra, si attribuirebbe subito alla coalizione del presidente, senza nessun ballottaggio, il 55% dei seggi, e questo per assurdo avverrebbe anche se il presidente vincesse col 30%. La legge lombarda, come quella di tutte le altre regioni, è a turno unico e non prevede che l’assegnazione di un cospicuo premio sia subordinata al raggiungimento di una quota minima di consensi. Le cose stanno così anche in Emilia-Romagna, secondo la legge 21/2014. E stanno così anche in Piemonte, dove si è votato meno di quattro mesi fa. E stanno così anche altrove. E soprattutto stanno così nella legge elettorale universalmente ritenuta la più efficiente del sistema italiano: quella con cui dal 1993 si eleggono direttamente i sindaci nei comuni con più di quindicimila abitanti (che è anche la legge con cui si sono eletti i presidenti delle giunte provinciali finché le province non sono diventate enti di secondo grado). Salvo alcune differenze, la legge dei sindaci del 1993 nasce dalla stessa filosofia che ha ispirato la nuova legge toscana: elezione diretta e congiunta del vertice del potere esecutivo e dell’assemblea elettiva; attribuzione di un forte premio di maggioranza al superamento di una soglia prestabilita; possibilità che la coalizione del candidato sindaco vincitore prenda il 60% dei seggi anche in presenza di un significativo voto disgiunto. Se, quindi, avesse ragione Rossi, dovremmo indiziare di incostituzionalità tutti i sistemi elettorali delle regioni italiane e il sistema di elezione diretta del sindaco. La qual cosa non sembra né possibile né ragionevole. Né credo che il professor Rossi, per il quale provo sincera stima, la pensi”

Dario Parrini, segretario regionale del Pd

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“È una legge corretta e democratica”, intervento di Dario Parrini sul Tirreno

intervento-parrini-legge-elettorale15 settembre 2014 – “Approvata la nuova legge elettorale regionale, il Pd toscano può affermare con fierezza di aver mantenuto tutti gli impegni di riforma istituzionale assunti coi cittadini: abbiamo ridotto da 55 a 40 i consiglieri regionali e da 10 a 8 gli assessori; abbiamo rottamato una brutta legge elettorale reintroducendo le preferenze e permettendo ai cittadini di tornare a contare molto di più delle segreterie dei partiti; per primi in Italia useremo il doppio turno e più di ogni altra regione promuoveremo la parità di genere. Tutto questo senza venir meno al principio che le regole del gioco si cambiano con la principale forza di opposizione, e con un accordo nel quale abbiamo ottenuto assai più di quanto abbiamo concesso. Sulla questione del premio di maggioranza non posso condividere ciò che ha scritto ieri su queste pagine Emanuele Rossi. Il quale, credo per un equivoco, ha indicato come limite della nuova legge elettorale quello che è in realtà uno dei suoi maggiori pregi: la “democratizzazione” del premio di maggioranza in un sistema che, come tutti gli altri sistemi elettorali regionali e comunali, e a differenza del sistema per eleggere i parlamentari, poggia sull’elezione diretta del presidente dell’organo esecutivo. Se, come sostiene Rossi, il “premio alla toscana” fosse sospettabile di incostituzionalità, lo sarebbero due volte tanto tutti gli altri sistemi elettorali regionali, alcuni dei quali modificati di recente. In Toscana, secondo la nuova legge, un candidato presidente che dovesse prevalere con il 38% – e che fosse collegato a liste che, a causa di un massiccio voto disgiunto, si fermassero al 32% – sarebbe costretto, per ottenere il premio di maggioranza, a un turno di ballottaggio. Questa garanzia ad oggi esiste solo in Toscana. In Lombardia (legge 17/2012), nell’ipotesi di lavoro di cui sopra, si attribuirebbe subito alla coalizione del presidente, senza nessun ballottaggio, il 55% dei seggi, e questo per assurdo avverrebbe anche se il presidente vincesse col 30%. La legge lombarda, come quella di tutte le altre regioni, è a turno unico e non prevede che l’assegnazione di un cospicuo premio sia subordinata al raggiungimento di una quota minima di consensi. Le cose stanno così anche in Emilia-Romagna, secondo la legge 21/2014. E stanno così anche in Piemonte, dove si è votato meno di quattro mesi fa. E stanno così anche altrove. E soprattutto stanno così nella legge elettorale universalmente ritenuta la più efficiente del sistema italiano: quella con cui dal 1993 si eleggono direttamente i sindaci nei comuni con più di quindicimila abitanti (che è anche la legge con cui si sono eletti i presidenti delle giunte provinciali finché le province non sono diventate enti di secondo grado). Salvo alcune differenze, la legge dei sindaci del 1993 nasce dalla stessa filosofia che ha ispirato la nuova legge toscana: elezione diretta e congiunta del vertice del potere esecutivo e dell’assemblea elettiva; attribuzione di un forte premio di maggioranza al superamento di una soglia prestabilita; possibilità che la coalizione del candidato sindaco vincitore prenda il 60% dei seggi anche in presenza di un significativo voto disgiunto. Se, quindi, avesse ragione Rossi, dovremmo indiziare di incostituzionalità tutti i sistemi elettorali delle regioni italiane e il sistema di elezione diretta del sindaco. La qual cosa non sembra né possibile né ragionevole. Né credo che il professor Rossi, per il quale provo sincera stima, la pensi”

Dario Parrini, segretario regionale del Pd

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12 Settembre 2014

Livorno, le elezioni regionali, il governo nazionale. Intervista a Dario Parrini alla Festa dell’Unità labronica

dario1

12 settembre 2014 – Intervista al segretario regionale PD a margine di un’iniziativa sull’economia con Yoram Gutgeld

QUI L’INTERVISTA VIDEO

 

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Livorno, le elezioni regionali, il governo nazionale. Intervista a Dario Parrini alla Festa dell’Unità labronica

dario1

12 settembre 2014 – Intervista al segretario regionale PD a margine di un’iniziativa sull’economia con Yoram Gutgeld

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Legge elettorale toscana. Intervista di Dario Parrini a Repubblica Firenze

intervista parrini 12 settembre repubblica 2014

12 settembre 2014 – “E’ la riforma dei record, abbiamo ottenuto più di quanto concesso”

Clicca qui per scaricare l’intervista

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Legge elettorale toscana. Intervista di Dario Parrini a Repubblica Firenze

intervista parrini 12 settembre repubblica 2014

12 settembre 2014 – “E’ la riforma dei record, abbiamo ottenuto più di quanto concesso”

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11 Settembre 2014

PIT, Marras: «Agricoltura non è minaccia per il paesaggio toscano. PIT da rivedere, Regione disponibile. Ci sono le condizioni per presentare osservazioni di sostanza»

Leonardo Marras211 settembre 2014 – “L’agricoltura non è una minaccia per il paesaggio della Toscana, ma lo strumento che lo ha modellato. Solo a partire da questa consapevolezza, con il recepimento di osservazioni di sostanza, il nuovo Pit-Piano paesaggistico potrà ritrovare un equilibrio accettabile tra tutela pesistica ed esigenze dei produttori. Viticoltori o altro che siano: non mancano infatti situazioni puntuali che vanno profondamente riviste”.
Così interviene Leonardo Marras, responsabile Attività produttive e Agricoltura della Segreteria regionale del PD della Toscana e presidente della Provincia di Grosseto, sul Pit.
 
“L’approccio accademico del Piano – continua Marras -, d’altra parte, ha messo in evidenza un pregiudizio culturale che si è tradotto nella logica dei divieti a discapito di quella degli incentivi, relegando in secondo piano le politiche per l’agricoltura. Rovesciando il punto di vista, potremmo semplificare dicendo che il vero strumento di tutela del paesaggio agricolo toscano, è senz’ombra di dubbio il Piano di sviluppo rurale (Psr). Naturalmente le cose sono un po’ più complicate, per cui Pit e Psr sono due facce di una stessa medaglia. Anche se, a proposito di complicazioni, una delle promesse mancate del Pit è certamente quella della semplificazione procedimentale e della riduzione dei tempi di autorizzazione. Il Piano paesaggistico, infatti, sarà immediatamente prevalente sulle previsioni dei Piani territoriali e urbanistici, obbligando i Comuni a trasmettere sia al Ministero che alla Regione i propri Piani strutturali e Regolamenti urbanistici (sia all’adozione che dopo l’approvazione delle controdeduzioni) per sancirne la coerenza con il Pit. Dilatando oltremodo i tempi già lunghi e complessi di approvazione degli strumenti urbanistici, vista l’attuale inadeguatezza delle Soprintendenze a fronteggiare le nuove competenze.
Come se non bastasse, il Pit-Piano paesaggistico reintroduce un’ulteriore Conferenza di servizi per i Piani attuativi che investono beni paesaggistici.
Infine, ma non ultima per importanza, l’Autorizzazione paesaggistica per i beni che ricadono in zona di vincolo (sia diretto che indiretto) prevede due pareri sullo stesso vincolo da parte della competente Commissione comunale e del Soprintendente, rimanendo atto autonomo e presupposto per ottenere il successivo permesso di realizzare (o Scia, ecc) l’intervento urbanistico-edilizio. Mentre si estende il vincolo ex Galasso a tutti i corsi d’acqua, a fronte di limitarlo a quelli pubblici, complicando oltremodo le pratiche agricole e moltiplicando i procedimenti.
Insomma, detta così” conclude Marras “appare un Leviatano burocratico amministrativo che rischia di aggravare enormemente il carico degli adempimenti a carico di imprese e Autonomie locali. È troppo importante quindi affrontare questa fase con grande concretezza sapendo di trovare la Regione disponibile a cambiare e a dotarsi di uno strumento davvero utile per tutela e sviluppo.
Per tutti questi motivi è bene che tutti presentino le proprie osservazioni al Pit, nella convinzione che la Regione le vaglierà restituendo un atto molto più chiaro e snello, capace di proteggere e tutelare ma anche di garantire lo sviluppo di tutta la Toscana”.

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PIT, Marras: «Agricoltura non è minaccia per il paesaggio toscano. PIT da rivedere, Regione disponibile. Ci sono le condizioni per presentare osservazioni di sostanza»

Leonardo Marras211 settembre 2014 – “L’agricoltura non è una minaccia per il paesaggio della Toscana, ma lo strumento che lo ha modellato. Solo a partire da questa consapevolezza, con il recepimento di osservazioni di sostanza, il nuovo Pit-Piano paesaggistico potrà ritrovare un equilibrio accettabile tra tutela pesistica ed esigenze dei produttori. Viticoltori o altro che siano: non mancano infatti situazioni puntuali che vanno profondamente riviste”.
Così interviene Leonardo Marras, responsabile Attività produttive e Agricoltura della Segreteria regionale del PD della Toscana e presidente della Provincia di Grosseto, sul Pit.
 
“L’approccio accademico del Piano – continua Marras -, d’altra parte, ha messo in evidenza un pregiudizio culturale che si è tradotto nella logica dei divieti a discapito di quella degli incentivi, relegando in secondo piano le politiche per l’agricoltura. Rovesciando il punto di vista, potremmo semplificare dicendo che il vero strumento di tutela del paesaggio agricolo toscano, è senz’ombra di dubbio il Piano di sviluppo rurale (Psr). Naturalmente le cose sono un po’ più complicate, per cui Pit e Psr sono due facce di una stessa medaglia. Anche se, a proposito di complicazioni, una delle promesse mancate del Pit è certamente quella della semplificazione procedimentale e della riduzione dei tempi di autorizzazione. Il Piano paesaggistico, infatti, sarà immediatamente prevalente sulle previsioni dei Piani territoriali e urbanistici, obbligando i Comuni a trasmettere sia al Ministero che alla Regione i propri Piani strutturali e Regolamenti urbanistici (sia all’adozione che dopo l’approvazione delle controdeduzioni) per sancirne la coerenza con il Pit. Dilatando oltremodo i tempi già lunghi e complessi di approvazione degli strumenti urbanistici, vista l’attuale inadeguatezza delle Soprintendenze a fronteggiare le nuove competenze.
Come se non bastasse, il Pit-Piano paesaggistico reintroduce un’ulteriore Conferenza di servizi per i Piani attuativi che investono beni paesaggistici.
Infine, ma non ultima per importanza, l’Autorizzazione paesaggistica per i beni che ricadono in zona di vincolo (sia diretto che indiretto) prevede due pareri sullo stesso vincolo da parte della competente Commissione comunale e del Soprintendente, rimanendo atto autonomo e presupposto per ottenere il successivo permesso di realizzare (o Scia, ecc) l’intervento urbanistico-edilizio. Mentre si estende il vincolo ex Galasso a tutti i corsi d’acqua, a fronte di limitarlo a quelli pubblici, complicando oltremodo le pratiche agricole e moltiplicando i procedimenti.
Insomma, detta così” conclude Marras “appare un Leviatano burocratico amministrativo che rischia di aggravare enormemente il carico degli adempimenti a carico di imprese e Autonomie locali. È troppo importante quindi affrontare questa fase con grande concretezza sapendo di trovare la Regione disponibile a cambiare e a dotarsi di uno strumento davvero utile per tutela e sviluppo.
Per tutti questi motivi è bene che tutti presentino le proprie osservazioni al Pit, nella convinzione che la Regione le vaglierà restituendo un atto molto più chiaro e snello, capace di proteggere e tutelare ma anche di garantire lo sviluppo di tutta la Toscana”.

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