“Prima le riforme e gli aeroporti. Poi si decide il futuro di Rossi”. Intervista al segretario regionale Parrini sulla Nazione del 28 maggio
Intervista di Pino Di Blasio al segretario regionale del Pd toscano Dario Parrini su La Nazione del 28 maggio 2014.
DARIO PARRINI, cosa si prova ad essere il segretario di un partito che ha battuto tutti i record?
«Eravamo già il Pd più forte nel 2008 e nel 2013, alla pari dell’Emilia. Stavolta il primato è più eclatante e, soprattutto, solitario. Aver conquistato il 56% dei voti in una regione significa aver fatto qualcosa che nessuna forza di centrosinistra era mai riuscita a fare. Sono numeri che aveva la Dc nel Veneto, forse».
Alle amministrative non c’è stato il trionfo delle Europee…
«Le elezioni comunali sono andate benissimo, ci saranno i ballottaggi solo in 8 Comuni su 204. Abbiamo riconquistato Prato, Pescia, Montale. E possiamo vincere in tutti i Comuni al secondo turno, da Certaldo a Follonica, da Montecatini a San Giovanni».
Perché non ha citato Livorno? La batosta storica brucia?
«L’esistenza di liste civiche dell’area di centrosinistra ha generato una frammentazione e ha impedito al Pd di replicare il risultato delle Europee. Interpreto questo voto come una richiesta forte degli elettori di cambiamento e di accelerazione delle riforme. Cosa che Marco Ruggeri è in grado di garantire alla città. Lo dimostrerà in queste due settimane e facendo poi il sindaco».
Non le può sfuggire il fatto che i candidati al ballottaggio sono quasi tutti ‘non renziani’. Renzi ha vinto anche dove avete perso, come a Fiesole…
«E’ innegabile l’effetto Renzi in questo voto, che si è poi trasmesso al partito e in particolare ai candidati che l’hanno sostenuto. Penso a Dario Nardella, a Matteo Biffoni, a Sara Biagiotti, a Brenda Barnini. Ma non si può ragionare in termini di renziani o non renziani. I candidati a sindaco, anche nei Comuni che vanno al ballottaggio e a Fiesole, hanno conquistato la candidatura nelle primarie con competizioni aperte. E chi vince le primarie è il candidato migliore possibile, quello che unisce tutti».
Il Pd toscano è la «falange» del premier. Che conseguenze ci saranno per la candidatura a presidente della Regione?
«Apriremo la discussione sui nomi per la Regione soltanto dopo aver portato a casa cose importanti come la riforma elettorale, la legge urbanistica, il confronto sulle riforme istituzionali e sui servizi pubblici locali, dall’acqua al gas, ai rifiuti. Intanto condivido pienamente la strategia del governatore Rossi sul dossier degli aeroporti toscani. Il voto di domenica consegna al Pd una larghissima maggioranza e ci impone di essere mooperativi sul piano delle riforme. Il dibattito sui nomi è prematuro».
Pensa che le primarie siano un passaggio ineludibile, come ha richiesto lo stesso presidente Rossi, che vorrebbe farle?
«Vedremo al momento opportuno. Nella stragrande maggioranza dei Comuni con il sindaco al primo mandato, la segreteria comunale ha ricandidato l’uscente senza bisogno di primarie. L’assemblea regionale del Pd potrebbe anche chiedere a Enrico Rossi di accettare la riconferma senza passare dalle primarie».
Ma con un Pd al 56% perché gli altri partiti dovrebbero cambiare la legge elettorale? Per consegnarvi tutto il consiglio regionale?
«A tutte le forze politiche presenteremo una proposta equilibrata che tenga conto delle esigenze dei partiti. Nessuno si assumerà la responsabilità di mantenere l’attuale sistema elettorale. Sono convinto che i pilastri della riforma, le preferenze in circoscrizioni piccole, il premio di maggioranza legato alla soglia attorno al 40%, la riduzione a 40 consiglieri, le soglie di sbarramento sia per i partiti non coalizzati che per le coalizioni, registreranno un ampio consenso. Presenteremo la proposta di riforma della legge elettorale subito dopo i ballottaggi».