#ToscanaSiParte, il discorso di Enrico Rossi alla manifestazione a Livorno

rossi leggioPubblichiamo il discorso integrale di Enrico Rossi pronunciato al Terminal Crociere di Livorno il 19 aprile 2015.

 

“La questione sociale si è già trasformata in emergenza democratica dai tratti populistici antistituzionali, autoritari e persino razziali. Noi siamo un argine”.

Elettori e cittadini ci chiedono di distinguerci dallo squallore dominante. E di non essere indifferenti”.

“I toscani sono esigenti e ci misureranno dalle nostre proposte concrete, ma anche dalla passione che metteremo nel nostro impegno. Dal disinteresse, dalla sobrietà, dallo stile con cui ci presenteremo”.

(Enrico Rossi, candidato alla Presidenza della Regione Toscana)

 

Care compagne Cari compagni, Care amiche Cari amici,

grazie molte, lasciatemi prima di tutto ringraziare per il grande privilegio di essere candidato per la seconda volta alla guida della Toscana. È per me un onore immenso, di cui ringrazio il mio partito, tutte le persone che mi hanno sostenuto e continueranno a farlo in questa campagna elettorale. Siamo a Livorno, in mezzo al “popolo di Livorno” quello amato e descritto da un grande Sindaco e grande educatore di molte generazioni come Nicola Badaloni. Siamo a Livorno, qui nell’Aprile di 24 anni fa in questo mare davanti a noi avveniva il disastro della Moby Prince; la più grande tragedia della Marina Civile, una delle più grandi stragi sul lavoro della storia repubblicana.

Ringrazio per l’impegno continuo e per la lotta tenace i familiari delle vittime che non hanno mai dimenticato. Ora finalmente il Senato ha istituito una ‘commissione d’inchiesta’. Noi ci aspettiamo verità e giustizia e non importa che sia passato tanto tempo; per noi verità e giustizia sono valori universali e per essi non c’è prescrizione. Cari amici e compagni, abbiamo alle spalle cinque anni tra i più duri della storia della nostra Regione dal dopoguerra ad oggi. La Toscana che noi consegniamo ai cittadini è stata colpita e ferita dalla crisi più grande mai avuta; ma non è stata piegata, non siamo una Regione in ginocchio.

La Toscana è in piedi, ha reagito, ha accettato le nuove sfide, ha avuto coraggio e ha dimostrato un’energia e un dinamismo che è unico nel panorama nazionale. Ciò che troppo frettolosamente alcuni davano per morto è stato invece capace di una straordinaria vitalità. La manifattura che i nostri avversari politici amanti della ‘rendita’ e favorevoli ad una Toscana che si offre a buon mercato agli interessi immobiliari e speculativi è riuscita a competere nel mondo globalizzato.

Il nostro export è aumentato dal 2010 di oltre il 23%; sotto la cenere che apparentemente copriva settori dell’economia regionale i ‘carboni ardenti’ dei nostri distretti industriali si sono riaccesi e sono riusciti a tenere meglio che in altre regioni sia la ricchezza complessiva che l’occupazione. Fatemi ringraziare il mondo del lavoro che ha consentito questo risultato: gli imprenditori che hanno investito e i lavoratori che hanno accresciuto i loro sforzi e il ritmo del loro impegno produttivo. Il Pil in Toscana è arretrato del 4,5%, un fatto grave, ma ben lontano dal 9% del livello nazionale. La disoccupazione è cresciuta dal 6,5% al 9% a fronte di un 12,5% che si registra in Italia.

A questo dato di maggiore tenuta della Toscana hanno concorso il turismo, la cultura, le città d’arte e ancora le prestazioni della nostra agricoltura, che aumenta in export e occupazione, e infine: la capacità di mantenere quantità e qualità dei servizi nel settore privato e nei comparti pubblici: l’Università, la sanità, la scuola e la pubblica amministrazione in generale. Verso il mondo dell’economia e verso i servizi il ruolo della Regione è stato importante, se non decisivo. Un salto positivo si è ad esempio ottenuto per quanto riguarda l’attrazione degli investimenti, dove a fronte dell’arretramento nazionale di un meno 70%, la Toscana è cresciuta del 30% all’anno, invertendo un trend che in precedenza era negativo. Il ‘Financial Times’ ci ha premiato a Cannes come “buona pratica”: regione «regina dell’Europa del mediterraneo» per capacità d’attrazione. L’ambasciatore americano Phillips dice di: «apprezzare il nostro lavoro» e si chiede: «perché le altre regioni non facciano altrettanto».

Oltre al nostro lavoro istituzionale, un elemento determinante di questa attrazione è rappresentato dalle nostre Università (Pisa, Firenze e Siena) che sono riuscite – anche con il nostro supporto – a sviluppare un livello adeguato e apprezzato di qualità della ricerca e di formazione della risorsa umana. Un contributo fondamentale lo abbiamo dato anche con l’utilizzo dei fondi europei, che con una scelta nuova e non semplice abbiamo voluto – fin dal 2011 e ancor più con il nuovo settennato 2014/2020 – indirizzare verso le imprese dinamiche per stimolare la crescita delle aziende sane che possono così svilupparsi ulteriormente e trainare chi è meno forte.

Non abbiamo voluto fare assistenzialismo, mettere le risorse per l’innovazione in secchi bucati. Ma allo stesso tempo non abbiamo lasciato nessuno solo. Abbiamo seguito direttamente ben 160 situazioni di crisi d’imprese grazie al lavoro di Gianfranco Simoncini che ha mostrato bravura e una capacita uniche. Su ogni crisi aziendale, grande o piccola che fosse, siamo stati presenti a cercare soluzioni, qualche volta persino riuscendovi, sempre attivando tutti gli strumenti possibili per proteggere i lavoratori. Siamo la regione che in assoluto ha il maggior numero di ‘contratti di solidarietà’; quelli per i quali: «io rinuncio a qualcosa pur di evitare che tu sia licenziato». Anche qui siamo intervenuti contribuendo con nostri fondi a incrementare del 10% il salario mutilato dei lavoratori. Di questo andiamo orgogliosi.

Nonostante i tagli pesantissimi, imposti dai governi nazionali – qualcosa come oltre il 25% della nostra capacità di spesa –, abbiamo portato avanti l’opera di razionalizzazione, di contenimento e di lotta agli sprechi; di riduzione dei costi di gestione, inclusi quelli della politica; quest’opera ci ha consentito di non arretrare sulla spesa sociale; su quella per la cultura e in genere sui servizi ai cittadini. In molti casi siamo intervenuti anche in supplenza alle politiche di tagli miopi fatte dallo Stato. Penso all’assistenza ai ‘non autosufficienti’, ai disabili nella vita e a scuola, alle scuole per l’infanzia con le ‘classi Pegaso’, agli aiuti alle famiglie più povere e bisognose, agli interventi sul problema della casa. La sanità ha tutti i bilanci delle Asl certificati, unico caso nel panorama italiano e chiude i consuntivi 2013 e 2014 con un avanzo di 45 milioni.

Dico subito che li utilizzeremo, anche se non basteranno, per intervenire a favore dei 20.000 toscani ammalati di epatite C. Non possiamo tollerare oltre il balletto di responsabilità sui finanziamenti che da troppo tempo è in corso tra Stato e Regioni, mentre gli ammalati temono di cadere nella cirrosi e di arrivare quindi troppo tardi per utilizzare il nuovo farmaco salvavita. Nella prossima settimana presenteremo il piano per arginare definitivamente l’epatite C in Toscana. Lo facciamo perché la salute viene prima di tutto, perché il diritto alla cura per tutti è sancito dalla Costituzione, perché la Toscana – ce lo dice il Ministero – è e vuole restare la prima Regione italiana per capacità d’erogare i livelli essenziali di assistenza e la migliore nei risultati delle terapie ospedaliere.

Per i problemi della mobilità abbiamo lavorato per una sostanziosa cura del ferro. Nel 2010 solo il 30% dei cittadini toscani viaggiava su treni nuovi; entro quest’anno saranno l’80%, perché è un diritto e un riconoscimento della dignità di tanti lavoratori e giovani pendolari. Abbiamo messo in sicurezza anche il trasporto pubblico su gomma. Abbiamo creato le condizioni per un sistema aeroportuale toscano adeguato a una Regione vocata al turismo, all’industria e alla ricerca; stiamo già vedendo i frutti di questa svolta, che io, sono convinto, si rivelerà strategica per la Toscana.

In generale in questa legislatura si è avuto il coraggio di discutere ma anche di decidere e il livello delle riforme è stato elevato per quantità e qualità. Ringrazio di questo lavoro la maggioranza del Consiglio Regionale e i suoi capigruppo, che queste riforme, insieme alla Giunta, hanno condiviso e voluto: la riforma istituzionale delle Province che ridisegna il ruolo dell’ente Regione, la riforma del sistema idrico e idraulico, dell’energia e dei rifiuti, la legge sulle cave e quella sulla casa e tanto altro ancora; il progetto Giovanisì, e il nostro diritto allo studio universitario che si qualifica al primo posto in Italia; ma anche la nuova legge sulla formazione e sull’agenzia regionale per il lavoro.

Su tutti voglio soffermarmi su un tema, anche per i suoi effetti sul governo regionale e locale nella prossima legislatura: è la svolta che la Toscana come Regione d’avanguardia ha compiuto sul tema dell’urbanistica e della gestione del territorio. Niente più speculazione, aggressione al paesaggio e cementificazione inutile, ma riqualificazione, ristrutturazione e rigenerazione dell’esistente con la tutela dei terreni agricoli e delle aree a rischio idraulico. Noi e non altri, noi con i nostri voti della maggioranza e del Pd abbiamo costruito un argine a difesa del futuro della Toscana. Siamo noi ad avere voluto questo cambiamento storico.

Non dimentichiamolo. Con il piano del paesaggio abbiamo elevato un argine contro il brutto, per proteggere il volto amato della Regione; difendere dal disastro ecologico la bellezza e la dolcezza della Toscana che è il più grande valore umano da consegnare alle nuove generazioni. Un valore che è frutto della fatica del lavoro dei nostri padri e dei nostri nonni. Questa è la vera grande ‘rendita’ che abbiamo, e che vivrà in futuro anche grazie alle nuove regole che abbiamo adottato. Noi abbiamo cercato l’equilibrio giusto a partire dalla consapevolezza che è l’uomo con la sua attività ad aver prodotto e dover, sempre con la sua attività, mantenere la bellezza in Toscana.

Una Toscana imbalsamata finirebbe per perdere anche la sua capacità di emancipazione sociale, ma anche una Toscana senza regole nelle mani degli interessi privati e del profitto di pochi non sarebbe più la nostra Toscana, la nostra identità riconoscibile e amata.

Cari amici e compagni, tutto questo lavoro di questi anni noi dobbiamo rivendicare, perché lo abbiamo fatto insieme, perché non è vero che siamo tutti uguali, perché la consapevolezza dei risultati raggiunti può darci la forza per nuovi e più ambiziosi traguardi. Sbaglieremmo se pensassimo che tutto va bene, se ci accontentassimo dei risultati raggiunti; la verità deve essere sempre e comunque la nostra bussola dell’agire politico. C’è un’altra Regione accanto a questa Regione che è forte che è dinamica che è in piedi e che noi abbiamo contribuito a costruire in questi anni. C’è a causa della crisi anche una Regione ferita, impaurita, più povera e troppo in ombra.

C’è chi non riesce a pagare i propri debiti; imprenditore, lavoratore, disoccupato che sia; ci sono giovani coppie di precari che non hanno protezione e prospettive e speranze. Ci sono, fatto gravissimo, 6.500 ragazzi che ogni anno abbandonano le scuole medie superiori. C’è anche un ceto medio che vede svaporare i propri sogni per se e per i propri figli. C’è un mondo di anziani con pensione da fame, che sente minacciata la propria sicurezza nelle proprie case e nelle proprie strade. Ci sono disoccupati in attesa da anni, giovani, ma anche ultracinquantenni che hanno perso il lavoro e la speranza di ritrovarlo.

Questa regione dolente pone, come il resto del paese, una “questione sociale” di tale portata che si è già trasformata in una “emergenza democratica” dai tratti populistici antistituzionali, autoritari e persino raziali. Rispetto a tutto questo noi siamo un argine. Gli sforzi del governo nazionale guidato da Renzi vanno nella direzione giusta. Io chiedo maggiore capacità di ascolto da parte di tutti, ma anche maggiore unità. Non ci sono alternative al successo delle riforme avviate, né all’impegno per agganciare una ripresa che appare più vicina ma ancora distante dal produrre i desiderati effetti sul tema del lavoro.

Come altre volte è capitato, attenzione! attenzione a non essere noi gli artefici della nostra sconfitta; comunque si pensi, ed è giusto pensare in modo diverso e plurale, a nessuno deve sfuggire che il nostro sforzo o riesce e riesce dovunque – qui in Toscana come nel resto d’Italia -, oppure il rischio è di perdere l’ultimo treno. A perdere allora non saremmo solo noi, il Pd, il centrosinistra, ma il Paese intero.

Certo il problema di chi soffre della crisi non si può risolvere solo in Italia e ancor meno in Regione. È ora di cambiare davvero le politiche europee: basta con l’austerità; persone, lavoro e bisogni tornino al centro della società e dell’agire politico; è ora di prendere nettamente le distanze dal capitalismo finanziario che calpesta la dignità e le vite dei lavoratori; non si può tollerare in alcun modo che una vita abbia minor senso dei calcoli cinici della massimizzazione del profitto. Alla lunga questo distruggerà il lavoro, i legami sociali e la tenuta democratica.

Tuttavia voglio fare due esempi per indicare la necessità di un protagonismo delle istituzioni locali e della Regione, anche laddove i problemi sono così difficili da sembrare insormontabili. Noi non sempre possiamo dare la risposta certa e completa. Ma non è questo ciò che ci chiedono i nostri elettori e i nostri cittadini. Ci chiedono prima di tutto di non essere indifferenti, di provarci, di distinguerci dagli altri. E dallo squallore dominante; anche quando come nel caso dell’immigrazione il marketing politico sconsiglierebbe di affrontare il tema.

Nel caso di Prato dopo il rogo dei 7 lavoratori cinesi noi abbiamo voluto affermare il diritto alla vita e alla sicurezza nei luoghi di lavoro. Ci stiamo riuscendo. Stiamo chiudendo tutti i dormitori abusivi e rimuovendo le altre fonti di rischio. Stiamo controllando tutte le aziende e facendolo scopriamo di nuovo che proprio dalla tutela del lavoro e dei lavoratori può nascere un processo più ampio di civilizzazione. A noi spetta il compito di favorire questo processo, soprattutto quando cominciano ad esserci imprenditori cinesi che rivendicano con orgoglio di essere in regola e di pagare le tasse, per contribuire al benessere collettivo. Restiamo fermi alla nostra convinzione: se Prato riparte – come sta avvenendo – se riprende la crescita, se si combatte il lavoro nero, l’ipersfruttamento l’evasione e l’illegalità, che non riguarda solo i cinesi, tutta la Toscana si scoprirà gradualmente più ricca e più civile in tutti i sensi. Io non rinuncio a questa prospettiva. Prato è ancora il luogo della modernità toscana, con tutte le contraddizioni di essere nel cuore della Regione, città globalizzata, con tutti i problemi che ne derivano e con tutte le straordinarie opportunità. Io sento che noi siamo chiamati a vincere questa sfida e sento che noi ce la faremo.

L’altro punto riguarda la costa, la parte più debole della Toscana in termini di crescita, d’infrastrutture e di occupazione. Vincere la sfida di uno sviluppo nuovo sulla parte costiera della Toscana collocherebbe automaticamente la nostra Regione ai vertici delle regioni più ricche d’Europa. Il modello con cui interveniamo vede la Regione protagonista – con il governo e con gli enti locali – di progetti di sviluppo che hanno l’obiettivo creare con la spesa pubblica le condizioni per stimolare l’iniziativa privata e attrarre investimenti e lavoro.

Caso emblematico è Piombino. Ricordo ancora le accuse degli iperliberisti e lo scetticismo diffuso sul grande – e senza precedenti – impegno finanziario che come Regione abbiamo assunto. Ora si cominciano a vedere i primi risultati incoraggianti. Cevital e altre imprese multinazionali manifestano interesse per la piattaforma portuale e presto si potrà tornare a produrre acciaio. È quello che avevamo promesso e per cui ci siamo battuti: la riconversione ecologica della siderurgia e il rilancio del polo industriale e del porto.

Dalla Regione e non certo dal Comune del Sindaco Nogarin, anche per Livorno, è scaturito un progetto per il futuro; frutto di un lavoro di cui, la precedente amministrazione Comunale, aveva posto le basi: la nuova Darsena Europa, il retroporto, i nuovi collegamenti ferroviari, gli incentivi per le imprese e le assunzioni sono già finanziati e fanno parte di un accordo di programma con il governo.

Scommetto che se governeremo noi io sono certo che, come già è avvenuto a Piombino, se toccherà ancora a noi di governare la Regione, realizzeremo questo progetto. Livorno tornerà così a guardare con fiducia alle prospettive future. Ci sono tutte le condizioni perché la città, sia un porto e un centro logistico e industriale che primeggia ed è competitivo nel quadro del Mediterraneo e della portualità europea.

Forza amici e compagni di Livorno, come state già facendo insieme alla Regione, impegniamoci con tutte le nostre forze per realizzare questo progetto di rinascita. La gente, sono sicuro, tornerà a seguirci e così rinnovati da questo sforzo ci chiamerà di nuovo alla guida della città. Abbiamo per Livorno un progetto strategico di rinascita, ma non basta, perché la città come ha dimostrato il corteo di ieri, come mi hanno detto tutti i lavoratori che ho incontrato è impaurita dallo spettro della disoccupazione senza nessuna protezione sociale. Migliaia di lavoratori temono la prossima fine della cassa integrazione e di restare così senza reddito. C’è una questione nazionale che interroga in primo luogo il governo, il parlamento e il nostro partito: come garantire un reddito minimo di disoccupazione anche in cambio di lavori socialmente utili.

Per quanto ci riguarda il primo passo per un’iniziativa in questa direzione può essere il riconoscimento di Livorno e della costa come area di crisi, perché qui più che nel resto della Toscana i tassi di disoccupazione sono elevati. Una cosa però deve essere chiara: noi non possiamo permetterci di restare insensibili al dramma di chi ha paura di non avere più reddito per se e per la propria famiglia. Ho potuto verificare anche stamani che queste persone, questi lavoratori ci interrogano per avere da noi una risposta e io dico che abbiamo il dovere di darla, di riconoscere il loro diritto ad un reddito minimo, a vivere anche in povertà, ma a vivere dignitosamente. Se non daremo questa risposta, il rischio è che le tensioni sociali si accumulino e diventino esplosive.

Anche Massa e Carrara hanno un loro progetto speciale per i prossimi anni, mentre va avanti l’impegno del governo per la realizzazione della Tirrenica. Questa volta la chiamata è senza appello, si deve fare sul serio. Non solo è in gioco la credibilità delle istituzioni nazionali, che in dieci anni hanno cambiato tre volte il progetto, ma anche le prospettive della parte più a sud della Toscana, laddove un corridoio stradale favorirebbe nel grossetano la vocazione turistica, agricola e agroalimentare.

Dunque due toscane, una più forte e una più debole; una che è in piedi ed una che è più ferita e sofferente. Il nostro progetto per la prossima legislatura è semplice: mettere insieme in tutta la Toscana queste realtà, affinché la crescita che vogliamo sia positiva per tutti e si redistribuisca e raggiunga i più bisognosi di aiuti e di attenzioni e le aree più deboli della Regione. Nella sua storia la sinistra ha sempre vinto così: riunificando le forze del lavoro, costruendo patti fra produttori e riuscendo ad includere, in questi patti, quanto più possibile chi finora è stato escluso o tenuto ai margini. Noi a differenza della destra non ci accontentiamo dell’egoismo, di una crescita che riserva ai poveri e alle aree più deboli “le gocciole” che colano a terra dal banchetto dei ricchi e dei più forti. Il nostro è un progetto di crescita e di benessere diffuso. Un progetto di libertà e di uguaglianza.

Le nostre sfide e gli strumenti sono certamente cambiati ma i valori da cui dipende il nostro successo sono gli stessi. Essi sono antichi come la nostra fiducia ostinata in un mondo migliore. La nostra inquietudine non è venuta meno. Non siamo certo appagati dei risultati raggiunti. Per questo, per fare ancora di più e meglio, ci candidiamo a governare la Toscana per i prossimi cinque anni.

Cari amici e compagni, dalla crisi si esce anche camminando su strade nuove, ma queste non si trovano sospese nel vuoto. Perché il loro tracciato coincide con la storia migliore e progressista della nostra civiltà. Strade nuove su percorsi antichi. Parlo della Francigena – anche in chiave metaforica -un sentiero che unisce e attraversa in diagonale la Toscana. Che noi abbiamo messo in sicurezza e riproposto con successo ai pellegrini dell’Italia e dell’Europa, ansiosi di ritrovare se stessi e percorrere la strada di una modernità più autentica.

Abbiamo anche noi un cammino da fare insieme per i prossimi anni; lo abbiamo tracciato con grande impegno e lavoro quotidiano. Ora uno sforzo ancora più duro ci attende. Un programma ancora più ambizioso; di uscita dalla crisi e di costruzione di un equilibrio più avanzato e più inclusivo.

Al partito, al gruppo dirigente, agli attivisti e ai volontari, a coloro che hanno deciso di sostenerci con una lista civica e a tutti i candidati faccio un appello ad una mobilitazione costante, ad una campagna elettorale che non si dimentichi di ascoltare tutti e di parlare con tutti i cittadini della Toscana. Niente deve essere dato per scontato. I toscani sono esigenti e ci misureranno dalle nostre proposte concrete, ma anche dalla passione che metteremo nel nostro impegno. Dal disinteresse, dalla sobrietà, dallo stile con cui ci presenteremo. Noi, con le nostre idee, ci mettiamo al servizio della Toscana. Toscana Ci Siamo.