“Così termina il decennio della palude”, intervento di Dario Parrini sul Tirreno del 5 maggio
Intervento di Dario Parrini sul Tirreno del 5 maggio 2015
La riforma elettorale non è un granché e si poteva fare meglio, ha scritto su questo giornale Emanuele Rossi. Non condivido. L’Italicum è una legge molto buona e francamente non me la sento di iscrivermi al club del “si poteva fare di più”. L’immobilismo durato un decennio, il decennio 2005-15 dei grandi propositi inattuati, è per fortuna terminato. L’Italicum approvato ieri definitivamente dalla Camera dei deputati ha svariati pregi: la maggioranza di governo sarà scelta direttamente dai cittadini col voto e non frutto di tira e molla post-elettorali tra i partiti; non ci saranno mai più inciuci o larghe intese; oltre due terzi dei deputati di maggioranza saranno eletti con le preferenze; il premio sarà sempre ampiamente legittimato, perché andrà a chi otterrà almeno il 40% dei voti validi al primo turno o più del 50% al ballottaggio; sarà garantito per la prima volta l’equilibrio di genere; il premio alla lista impedirà la nascita di coalizioni rissose capaci di vincere ma incapaci di governare e incentiverà la riduzione della frammentazione spingendo a creare grandi aggregazioni; come nelle regioni e nei comuni, chi vince governa cinque anni, al termine dei quali va a casa o viene confermato a seconda che abbia male o bene operato. Questo è l’Italicum: stabilità, chiarezza e responsabilità. L’opposto del Porcellum. Altro che un suo aggiustamento. Non è infine vero che “quasi nessuno” degli eletti dei partiti minori sarà scelto con le preferenze. Per essere sicuri dell’elezione dei loro dirigenti principali, è certo che i partiti minori ricorreranno massicciamente alle pluricandidature. Motivo per cui avranno anch’essi non pochi eletti con le preferenze. In un quadro del genere, non è il capolista a decidere “chi fare entrare e chi no”: se, per esempio, risulterà eletto in cinque collegi, il capolista non sceglierà i quattro deputati che saranno eletti nei collegi non oggetto della propria opzione. In quei quattro casi, a contare saranno le preferenze. Dedico un’ultima considerazione a un errore che a mio avviso molti costituzionalisti, non Rossi a dire il vero, hanno compiuto discutendo di Italicum. Insegna la politologia che dei sistemi elettorali va valutato il prevedibile funzionamento. Almanaccare sui casi-limite, per definizione altamente improbabili, è esercizio poco costruttivo. Ne è riprova la furibonda polemica di qualche mese fa sugli effetti del listino bloccato facoltativo della nuova legge elettorale toscana. I suoi più faziosi detrattori sostenevano che avrebbe prodotto un consiglio regionale con la metà o un terzo di eletti senza preferenze. Quel giudizio, lo dicemmo subito, non aveva valore, perché fondato su irrealistiche ipotesi di scuola che trascuravano il peso delle concrete scelte politiche già in quel momento largamente prevedibili. Ora che le liste sono depositate, si può facilmente constatare che di consiglieri regionali eletti col listino ce ne sarà uno soltanto su quaranta, due al massimo. Tanto rumore per nulla, verrebbe da dire.
Dario Parrini,
deputato e segretario toscano del Pd