“Al Pd stessi voti del 2010 e in consiglio regionale più donne e volti nuovi”, intervista a Dario Parrini su Repubblica-Firenze del 4 giugno

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La soddisfazione del segretario Panini: il modello toscano e vincente. “Non vedo astensionismo a sinistra e non era un voto per il governo”

 

 

Intervista di Simona Poli a Dario Parrini su Repubblica-Firenze del 4 giugno

«Basta con la storia del Pd che perde voti, Confrontare le regionali con le Europee è una cosa che non ha senso, sono due elezioni profondamente diverse, non paragonabili». Sfoglia tabelle e proiezioni grafiche seduto in Transatlantico il parlamentare Dario Parrini, segretario dei Democratici toscani, molto preso dalle analisi del voto di domenica scorsa. Un piccolo Archimede.

D’Alimonte, che certo non si può definire ostile al premier, sostiene che “l’effetto Renzi” stavolta non ci sia stato.

«E dice anche che non poteva esserci. Concordo perfettamente con la sua tesi. Le Europee sono elezioni nazionali e davvero misuravano il consenso su Renzi. Le regionali sono elezioni locali in cui si valutano prevalentemente i candidati presidenti. Non era il governo nazionale il principale oggetto di questa consultazione, mi pare evidente».

Quindi il Pd può festeggiare?

«A livello nazionale è andata bene perché con questo turno si chiude un ciclo che ha portato il Pd a governare 16 regioni su 20 per la prima volta nella storia. E in voti assoluti nelle 7 regioni che hanno votato domenica il partito e le liste civiche collegate hanno preso 3 milioni e 200 mila voti, gli stessi del 2010, con un’affluenza di 10 punti minore, In Toscana rispetto alle ultime regionali abbiamo ripreso gli stessi 600mila voti col 10% in meno di votanti».

L’astensione non la allarma?

«L’astensione colpisce tutti i partiti tranne la Lega, non vedo un astensionismo sbilanciato a sinistra. Incidono molto la pessima reputazione delle Regioni, dovuta a scandali e sprechi, e lo scarso potere mobilitante delle elezioni locali. Le Regioni hanno bisogno di una profonda riforma».

I renziani hanno fatto cappotto nella battaglia delle preferenze.

«In consiglio regionale abbiamo aumentato la percentuale di seggi di 18punti, portiamo il doppio di donne e di neoeletti che sono19 su 24 rispetto ai 10 su 23 del 2010 e diventiamo la regione più rosa d’Italia col 30 per cento femminile».

Effetto dei Toscanellum?

«Ha funzionato bene. Nonostante in Toscana non si votasse con le preferenze dal 2000 stavolta le ha usate il 32% degli elettori, il doppio di allora. E’ stata una buona idea stampare i nomi sulla scheda».

Tra le “vittime” delle preferenze c’è l’ex capogruppo Ferrucci.

«Sono molto dispiaciuto per la sua mancata rielezione, per oltre un anno abbiamo collaborato in modo produttivo. Trovo incomprensibile la scelta della sinistra del Pd pisano di contrapporgli il segretario di federazione appartenente alla stessa area politica. Un atto divisivo di cui mi sfugge il senso».

Rossi, uomo di sinistra, vince col 48% e si trova a guidare un gruppo fortemente renziano. E’ questo il giusto mix per il Pd?

«Quello toscano è un modello vincente che deve diventare modello nazionale. Non per il mix Rossi-Renzi ma perché il partito è rimasto unito e ha ha scelto senza se e senza ma di esercitare la propria vocazione maggioritaria, dicendo no alle alleanze extralarge con la sinistra massimalista. Di questo spirito unitario voglio ringraziare tutte le componenti del partito».

In consiglio però entra un pattuglione targato Renzi. Su 24 sono 17 fedelissimi e 4 “dialoganti”.

«Non mi piace attribuire etichette ma trovo fisiologico che la composizione dei neoletti rispecchi l’esito delle primarie vinte da Renzi in Toscana con l’80 per cento».

Questo condizionerà le mosse di Rossi.

«Rossi sarà condizionato solo dall’attuazione del programma su cui ha preso una valanga di voti e che impegna noi quanto lui».

Ma se gli avete già presentato la vostra lista degli assessori.

«Assolutamente no, nessuna lista. Ho fiducia nella capacità di Enrico di fare scelte che competono a lui tenendo conto del merito delle persone e ovviamente anche del quadro politico e di partito in cui sono chiamate a operare».

Se Rossi è così bravo perché volevate mandarlo a Bruxelles?

«Sono orgoglioso di averlo proposto come candidato alle Europee perché lo ritenevo un presidente forte e sono stato il primo insieme a Renzi ad auspicarne la riconferma per la stessa ragione».

Nei ballottaggi (ma Viareggio è incerto) il Pd rischia grosso.

«Ad Arezzo siamo sopra di quasi 10 punti e paghiamo la frammentazione di liste. Viareggio è arrivata al voto dopo il dissesto del bilancio e i commissariamento. E a Pietrasanta bisogna spiegare che Mallegni ha lasciato i conti in pessimo stato. Farebbe il bis».