Questione sociale e questione morale

L’intervento di Andrea Giorgio, segretario regionale dei Giovani Democratici, uscito su L’ Unità Toscana giovedì 26 aprile.

Grillo che campeggia sulle copertine e negli editoriali. Gli scandali che riempiono le pagine dei quotidiani ed i salotti dei talk show. Un vento brutto si respira nei bar e sugli autobus, nelle mense, nei corridoi delle università. La frustrazione per una società in declino, per i posti di lavoro persi, per i prestiti bancari negati, per le tasse che aumentano assieme al costo della vita ed agli sfratti, si trasforma in un feroce disgusto per la politica. Tutti uguali, tutti ladri, tutti inutili. Col rischio che ancora una volta la crisi economica si saldi con quella politica in un vortice imprevedibile che potrebbe spazzare via non questa classe dirigente, ma un’idea radicalmente alternativa di società.  Gettare nel mucchio le colpe del malaffare rischia di confondere anche le responsabilità della situazione in cui ci troviamo ed i progetti per il futuro. 

Da una parte della politica sta chi legge la questione morale soltanto negli scandali della Lega, nell’affaire Lusi, nella commedia tragica di Formigoni, e nel malcostume diffuso a destra ( molto ) ed a volte anche a sinistra. Dall’altra parte invece c’è chi vede si nella corruzione e nel malaffare la questione morale, ma non la chiude li dentro, allargandone il campo fino a comprenderci i super bonus concessi a ai manager che avevano portato al fallimento le banche, al fatto che l’1% dei più ricchi continui a arricchirsi e la disuguaglianza ad aumentare, che in questo paese per il figlio di un operaio resti ancora un sogno poter fare l’avvocato, che il welfare stia pagando i costi del salvataggio di un’economia distrutta dall’ideologia delle destre mentre i lavoratori perdevano diritti e salario e i giovani la speranza nel futuro. 

Per qualcuno il clima di questi giorni è un’opportunità per cancellare responsabilità, fare un veloce restiling e recuperare gli slogan di un tempo per passare oltre senza pagar dazio. Per chi vuole mettere in discussione lo status quo il rischio è vedere la propria voce risucchiata dalla sordità di un’opinione pubblica disgustata. Qui si incrociano le cose di questi giorni: i finanziamenti ai partiti, la corruzione, gli scandali. Assieme ai dati preoccupanti sulla disoccupazione, alla povertà crescente, alla sofferenza di pezzi sempre piu grandi del paese. O la questione morale tiene assieme entrambe le cose, oppure rischiamo che sia agitata con forza soltanto da chi ci chiama a contemplare il dito perché non vuole che si scorga la luna, soffiando sul fuoco di un populismo becero che nel paese trova terreno fertile.

La questione morale e quella sociale dovranno diventare un tutt’uno perché non diventi possibile affrontare solo la prima eludendo la seconda con la consapevolezza che qui stiano le differenze: da una parte l’idea che si esca dalla crisi con piu disuguaglianza, una struttura economico-finanziaria immutata,  la compressione dei salari e dello stato sociale; dall’altra l’idea che l’Europa provi a giocare la carta di una riforma forte della finanza, del rilancio degli investimenti pubblici, della lotta alle disuguaglianze, con una nuova centralità del lavoro, attraverso un welfare rinnovato che spinga sulla conoscenza, la pari opportunità, una crescita equilibrata ed attenta all’ambiente ed al sociale.

Ed è tenendole insieme che possiamo trovare alcune risposte, sui finanziamenti alla politica ad esempio: se vogliamo che questa provi a cambiare i rapporti di forza con l’economia e la finanza, dovranno essere pubblici. Ridotti, dati soltanto ai partiti che rispettino l’art. 49, con meccanismi democratici e trasparenti all’interno, commisurati alle spese effettivamente sostenute per le sedi, il personale, gli strumenti di lavoro, le iniziative, la formazione, le campagne elettorali. Non le ville, i diamanti, le cene, le consorterie.

Devono essere pubblici specie in un momento in cui i costi elevati delle campagne elettorali e la capacità di spesa e di influenza di alcune parti del mondo economico, diventano dei vincoli alla capacità di cambiamento anche per le punte più avanzate del  progressismo come dimostra l’esperienza di Obama. Solo tenendole insieme potremo evitare che la parte reazionaria e conservatrice del paese approfitti della confusione per continuare a parlare solo di spread, mercati, BCE ed FMI. Delegittimando ogni voce critica come “politica”. Nel silenzio delle coscienze e delle penne di molti, come del resto negli ultimi anni.

 Il punto di sfida e discussione non può limitarsi ai costi della  politica, il Paese devono misurarsi sulle prospettive e sul futuro o rischieremo di perdere un’occasione storica per rilanciare dalla crisi un nuovo modello. Ci perderà più che altro la Sinistra, che nel dilagare del neoliberismo ha avuto poche colpe, se non quella di non aver proposto per troppo tempo un’idea radicalmente diversa, e ci perderanno i cittadini, chi della politica ha più bisogno per cambiare lo status quo. Di questo dovremmo discutere, con meno grilli per la testa. Tocca alla politica pulire il campo con azioni concrete  e ripopolarlo di una discussione seria sul futuro per riappassionare chi li dovrà vivere.

A tanti forse darà fastidio ma qui si gioca la sfida del nostro tempo. Questione morale e questione sociale devono andare insieme ed avere la stessa urgenza. Chi pensa di poter affrontare una alla volta sbaglia: reazionario sarebbe discutere solo della prima, da illusi credere di poter trattare solo la seconda.

Il campo per i democratici ed i progressisti è vasto.

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