Europa, alleanze, governo Monti e grandi opere
Intervista all’Unità di Andrea Manciulli

Intervista pubblicata il 7 marzo 2012 da l’Unità – Toscana, a cura di Vladimiro Frulletti

 

Il segretario del Pd toscano Andrea Manciulli manda agli alleati il messaggio che l’antiberlusconismo non basta più, ma servono intese sui programmi «senza ambiguità» a cominciare dalla Tav. Conferma il progetto di allargare il centrosinistra anche all’Udc. E sulla vicenda Lusi-Renzi si augura che ci sia massima chiarezza.
A Roma sostenete il governo. In Toscana lei apre all’Udc. È l’effetto Monti?
«No, ma c’è un punto essenziale da tener presente che dopo la caduta di Berlusconi e la grave difficoltà che il Paese sta vivendo i temi della discussione sono cambiati».
Cambiati come?
«Non sono più sufficienti alleanze basate sull’essere contro Berlusconi. L’effetto positivo prodotto da Monti è che si è tornati a discutere di politica, che ci si confronta sul merito delle cose, su cui poi si può essere o no concordi, non su slogan. Siamo in un altro campo da gioco, l’asticella s’è alzata e anche le alleanze devono esserne all’altezza. Serve un evoluzione del centrosinistra».
Per andare dove?
«Per costruire un progetto di cambiamento del Paese perché sul risanamento siamo tutti d’accordo, ma servono anche crescita e sviluppo. Questa è la proposta che deve fare il Pd, ed è su questo che il Pd deve costruire alleanze coerenti. Non sono più concesse ambiguità».
È un avviso a Idv e Sel? La foto di Vasto è già invecchiata?
«Non mi piace discutere di etichette o fotografie, ma di questioni concrete».
E qui nascono i problemi, a cominciare dalla Tav.
«Mi domando ma una coalizione che vuole governare deve proporre o no più linee dell’Alta Velocità, più infrastrutture? Per me deve fare più linee Tav, non meno».
A sinistra però…
«Alt. La sinistra in Europa non è mica solo il luogo di critica alla finanziarizzazione e al liberismo. Questa è una caricatura del Socialismo europeo. In Francia l’Alta Velocità l’ha fatta la sinistra mentre la destra cavalcava la protesta degli agricoltori. Berlino è governata da 30 dalla sinistra che l’ha profondamente modernizzata. La sinistra europea, il Pse, non è arroccata sulla conservazione, ma produce idee per lo sviluppo e quando governa le attua».
I suoi riferimenti al Pse faranno venire l’orticaria agli ex Dc nel Pd.
«Non credo. Il Pd è stata ed è la scelta giusta perché in Italia i confini del centrosinistra e della sinistra non stanno esclusivamente nel recinto socialista. Nella Dc c’è sempre stata una larga parte di cattolici ancorata a un profondo disegno di centrosinistra. E non è un dettaglio se in Italia abbiamo la capitale della cristianità nel mondo. Le nostre specificità sono un valore aggiunto nella sinistra europea, ecco perché è un bene che il Pd dialoghi col Pse portando i suoi elementi peculiari. Più che dividerci sulle famiglie di provenienza dobbiamo confrontarci sull’Europa del futuro».
E in Toscana lei andrà avanti nel dialogo con l’Udc?
«Certo, rompendo col centrodestra l’Udc ha scelto una nuova prospettiva e nelle città in cui si vota o va da solo o si allea con noi. È già successo a Grosseto e può succedere anche a Carrara. E dove, come a Lucca, rompe l’alleanza col Pdl, dà al centrosinistra più chance di vincere. Questi sono fatti difficilmente confutabili. Sinceramente mi meraviglio della meraviglia che le mia disponibilità al dialogo ha provocato».
Anche in Regione? L’Udc vi ha mandato un esplicito invito.
«Le distanze ci sono, ma il dialogo va aperto perché anche qui un’evoluzione dell’Udc c’è stata. Con Martini erano all’opposizione col centrodestra, invece alle regionali del 2010 si sono presentati da soli: non è la stessa cosa. Ho apprezzato che non abbiano chiesto a nessuno di rinnegare le proprie alleanze. Se son rose…».
Sia sull’apertura all’Udc che sul governo Monti il presidente Rossi però non pare, per usare un eufemismo, troppo entusiasta.
«Enrico ha la sua impronta culturale ed è una nostra ricchezza. Ha ragione quando dice che il Pd deve coltivare una propria proposta di governo, però allo stesso tempo penso che rispetto a un anno fa molte cose siano cambiate in meglio. Prima il Paese all’estero era deriso, adesso tutti ci guardano con rispetto e per me, che vengo da una cultura dove gli interessi del Paese vengono prima di tutto, è un fatto importante. Però visto che nel 2013 si voterà e il Pd dovrà avere un proprio progetto politico, è in quest’ottica che non solo le parole ma anche le riforme fatte da Enrico alla guida della Toscana saranno il biglietto da visita migliore di quello che il Pd ha intenzione di fare per tutto il Paese».
Che idea si è fatto della vicenda Lusi-Renzi?
«Che vada fatto tutto il possibile per chiarire quello che è accaduto, dicendo tutto nella massima chiarezza. Semmai sono dispiaciuto per le argomentazioni di alcune giustificazioni».
Quali?
«Non mi è piaciuto che ci sia stato chi si sentiva parte di una guerra fra ex Ds e ex Margherita all’interno del Pd. Sono argomentazioni, che al di là della questione delle risorse, mi paiono dannose per il Pd».
A Palermo, ancora una volta, le primarie si sono rivelate amare per il Pd. Meglio rinunciarci?
«No, ma ricordando sempre che le primarie sono un mezzo non un fine. Invece a volte più che per consentire ai cittadini di scegliere, servono a qualcuno per candidarsi. Ci sono difetti da correggere se vogliamo salvarle e io voglio salvarle».
Lei difende le primarie perché in Toscana a differenza che nel resto d’Italia il Pd di solito le vince?
«Per me le primarie non possono sostituire la politica. Dietro ci deve essere un processo politico che porta alla costruzione di una candidatura. In Toscana facciamo così e funziona. Dove invece si organizzano guerre fra bande non funzionano. Anche nelle primarie la politica non è un ingrediente secondario, ma quello fondamentale».

 

l’intervista in pdf