Intervento di Dario Parrini alla Camera sul Def (Documento di economia e finanza)

PARRINI DEFGiovedì 23 aprile 2015 ore 12.50, Dario Parrini, intervento alla Camera a conclusione della discussione generale DEF (Documento di economia e finanza)

Grazie Presidente,
operiamo in un quadro economico in cui cominciano a manifestarsi, dopo una lunga recessione, sviluppi favorevoli. Non sono tuttavia scomparsi rischi e incognite. In una situazione del genere l’ultima cosa che possiamo permetterci è collocare la nostra discussione sul terreno retoricamente redditizio ma politicamente infido degli euroscetticismi di maniera, degli esercizi di stile accademici, degli svolazzi oratori e delle chimere, oppure dell’elencazione sconclusionata e disorganica di problemi di ogni ordine e grado, senza che tale elencazione sia accompagnata da proposte minimamente praticabili e credibili. Incursioni su questo terreno politicamente infido non sono mancate nemmeno oggi in questa nostra discussione. Non è ciò che serve al Paese.

Siamo tenuti a fare i conti con la realtà, senza imboccare la pericolosa scorciatoia della dilatazione del deficit e della spesa pubblica, in fondo alla quale non ci sarebbero che un livello più alto dei tassi di interesse e la necessità di sottoporre il nostro sistema produttivo a interventi bruscamente e pericolosamente restrittivi.

Ovviamente non dobbiamo far coincidere il realismo con l’immobilismo.

Anzi, dobbiamo partire dalla presa d’atto dei vincoli oggettivi entro i quali agiamo per alimentare iniziative in grado di recidere i nodi struttuali che da troppo tempo, nel nostro Paese, tengono prigioniero il cambiamento.

Da un anno a questa parte il governo sta praticando, con un’incisività e un’ampiezza d’impatto senza eguali in tempi recenti, una politica di innovazione responsabile, di lotta senza tregua al paralizzante groviglio di manchevolezze e di ritardi formatosi negli ultimi decenni e sfortunatamente troppo a lungo non fatto oggetto di robusti e convincenti tentativi di dipanamento.

Anche il dato odierno del ministero del lavoro, che parla di un differenziale positivo in marzo pari a 90 mila posti di lavoro tra assunzioni e cessazioni di rapporti di lavoro subordinato, con un aumento sensibile della quota dei contratti a tempo indeterminato, ci dice che questa nostra battaglia per il cambiamento può progressivamente ottenere risultati.

Il Def di cui oggi si discute è la naturale prosecuzione dello sforzo di cui ho appena parlato. Ciò che vogliamo conseguire è la riduzione del divario che in tanti settori separa le nostre prassi dalle migliori pratiche europee.

La sua finalità di fondo è indicare attraverso quali vie si può dare continuità  alle scelte di svolta compiute con la legge di stabilità approvata alla fine del 2014. Una legge che ha aperto la strada alla detassazione del lavoro e alla riduzione dei costi d’impresa. Una legge che ha impresso nuovo slancio alla revisione della spesa pubblica e alla lotta all’evasione fiscale.

Nel perseguire questi obiettivi non dobbiamo lasciarci sfuggire nessuna delle occasioni offerteci dal nuovo contesto macroeconomico di cui anche oggi in questo dibattito molti colleghi hanno parlato, citando fenomeni positivi come la riduzione dei corsi del petrolio, il deprezzamento dell’euro e il corposo incremento dell’offerta di moneta deciso dalla Bce.

Non ci nascondiamo il perdurare di fattori di preoccupazione: ad esempio un ancora non sufficiente solidarietà intraeuropea per la correzione degli squilibri macroeconomici e un impegno per gli investimenti superiore al passato ma non ancora ampio quanto sarebbe necessario.

Tuttavia siamo consapevoli del fatto che riusciremo a cogliere queste occasioni solo se sapremo mantenerci fermi nella volontà di coniugare una gestione rigorosa della finanza pubblica con una politica di crescita che punti a ridurre in maniera equa tasse, spesa pubblica, burocrazia; e a rendere possibile un salto di qualità nel campo delle infrastrutture materiali e immateriali.

Il Def in discussione disegna una cornice che rende tutto ciò possibile. E per questo merita un giudizio postiivo da parte nostra.

Importante è la scelta di non prevedere nuove tasse. Importante è la decisione di disattivare le clausole di salvaguarida e di disinnescare gli aumenti Iva utilizzando a questo scopo sia il dividendo del buongoverno che si presenta sotto forma di aumento del tasso di crescita, rispetto alle ultime previsioni, e di riduzione dei tassi di interesse; sia i frutti di un’ulteriore accelerazione della revisione della spesa pubblica, possibile senza penalizzare i servizi se continueremo a prosciugare la palude delle ancora troppo numerose inefficienze e arretratezze che condizionano parti rilevanti della nostra pubblica amministrazione.

Certo saremo all’altezza del nostro compiuto se, al di là di ogni stucchevole e inconsistente schermaglia polemica sui tesoretti, riusciremo a costruire le premesse per arricchire le scelte già compiute con misure di flessibilizzazione in uscita sul fronte delle pensioni; con misure di prolungamento oltre il 2015 della decontribuzione per i neoassunti a tempo indeterminato; con misure di riordino della fiscalità locale a invarianza di gettito; con misure di sostegno delle fasce più vulnerabili della popolazione.
Dunque, altro che improvvisazioni e ottimismi di facciata, com’è stato ripetuto qui stamani da alcuni esponenti dell’opposizione.
Altro che fuffa, come ho sentito dire da qualche baldanzoso e incauto collega.
Altro che menzogne e disattenzione al lavoro.
Altro che assenza di una seria politica di lungo periodo.
Una seria politica di lungo periodo, nutrita coi valori e con l’energia e con la passione che fin qui ci ha mosso nell’opera di governo, è esattamente ciò che caratterizza il nostro impegno per cambiare e migliorare il Paese.