Finanziamenti ai partiti, Sani: “Impedire che qualcuno si trovi la campagna elettorale pagata a sua insaputa. Norme drastiche sui finanziamenti pubblici, ma anche su quelli provenienti da privati”

«Se non ora, quando? Considerata l’imbarazzante vicenda del corrotto familismo leghista? Subito l’introduzione di controlli su come vengono spesi i finanziamenti pubblici ai partiti e di meccanismi trasparenti per i contributi erogati dai privati, ma parallelamente anche il provvedimento legislativo di contrasto alla corruzione con l’inasprimento delle pene». A chiederlo è l’onorevole Luca Sani, coordinatore della segreteria regionale del Pd della Toscana, che nel giorno in cui ricorre l’anniversario della scomparsa di Primo Levi, parafrasando una delle sue opere più note, entra nel merito del dibattito sulla trasparenza dei fondi destinati ai partiti.

«Da anni il Partito Democratico, l’unico ad avere i bilanci certificati da una società di revisione contabile – dice Sani – propone inascoltato una legge che dia riconoscimento giuridico ai partiti e li sottoponga a controlli rispetto alla gestione dei bilanci. Pierluigi Bersani ha ragione da vendere quando sottolinea che è dai tempi di Pericle che la Democrazia funziona con il sostegno pubblico per sottrarla all’arbitrio dei ricchi che potrebbero manovrarla.
Per questo, oggi più che mai, è il momento, insieme ad una normativa che introduca meccanismi di controllo sull’utilizzo dei rimborsi elettorali, di mettere sotto la lente d’ingrandimento anche i contributi dei privati, che costituiscono la forma di finanziamento alla politica meno trasparente e controllata. Tanto che per le donazioni fino a 50.000 euro non vige l’obbligo di rendere noto chi sia il sostenitore. Questa norma, infatti, impedisce oggettivamente di distinguere in modo chiaro il confine tra finanziamento legittimo e, se non proprio la corruzione, i possibili condizionamenti dell’azione di governo e delle scelte politiche. Pertanto va immediatamente cambiata, portando la soglia al di sopra della quale scatta l’obbligo di dichiarare l’identità del donatore almeno a 5.000 euro».

«Ad ogni modo, qualunque sia la soglia, ritengo che chi appartiene al Partito Democratico debba attenersi ad un codice di autoregolamentazione e dichiarare sempre da chi ha ricevuto qualsiasi finanziamento privato. Aldilà dei proclami, infatti, come avviene con la certificazione del bilancio del Pd, non c’è bisogno di un obbligo di legge per fare politica con trasparenza. Dico questo anche al fine di evitare che qualcuno si trovi la campagna elettorale interamente pagata a sua insaputa».